I CAT TOOL – STL intervista Marco Cevoli

Pubblicato il 4 Novembre 2016 alle 9:08 0 Commenti

di Chiara Rizzo

È un dato di fatto: chi lavora – o aspira a lavorare – nel settore delle traduzioni, li sente nominare sempre più spesso. I nuovi potenziali clienti ci chiedono quale utilizziamo, dando per assodato che ne conosciamo – e padroneggiamo – almeno uno, e sui gruppi Facebook e le mailing list tra professionisti recensioni e opinioni si affastellano, andando a delineare fronti accaniti che decantano i vantaggi dell’uno o dell’altro, un po’ come fanno – da sempre – i sostenitori a spada tratta del PC o del Mac. Stiamo parlando dei CAT tool, i programmi – “tool”, per l’appunto – che promettono di agevolare e velocizzare il processo traduttivo, abbattendo costi, e tempi, sia per noi che per il committente finale. Ma cosa sono, nello specifico? Come funzionano? Sono difficili da utilizzare? E soprattutto come si fa a orientarsi nel mare magnum di soluzioni offerte dal mercato, che spaziano da quelle gratuite a investimenti anche abbastanza impegnativi per le tasche di un freelance? Per rispondere a queste e altre domande, il traduttore ed esperto di localizzazione Marco Cevoli terrà per STL un webinar che si propone di introdurre e aiutare i neofiti (ma anche chi pur usandoli da un po’ ha ancora qualche dubbio) a orientarsi nel magico mondo della traduzione assistita. Chiara lo ha intervistato per voi.

La mia prima domanda è assolutamente da profana, visto che da traduttrice editoriale non bazzico molto i CAT tool, ma secondo me se la pongono in molti senza avere il coraggio di farla… CAT, ho letto in Rete, è l’acronimo di Computer Aided Translation, quindi in soldoni “traduzione coadiuvata dal computer”: che differenza c’è tra i CAT e la traduzione automatica?

Sì, CAT significa Computer Aided (o Assisted) Translation. In generale comprende tutti gli strumenti che aiutano il traduttore nel suo lavoro, anche se da noi si tende a utilizzare l’espressione CAT tool per riferirsi soltanto alle memorie di traduzione, ovvero a quei programmi che consentono di immagazzinare i segmenti originale e tradotto in un database per essere riutilizzati successivamente. La traduzione automatica invece è la tecnologia per cui i testi vengono tradotti dal computer senza intervento umano, grazie a meccanismi basati su regole o sulla statistica. Oggigiorno quasi tutti i CAT tool permettono il collegamento a motori di traduzione automatica generalisti o personalizzati: sarà poi il traduttore a decidere che uso dare a questa traduzione.

Un’altra sigla con cui ci si trova sempre più frequentemente a fare i conti nell’esplorare lo scenario dei CAT è l’acronimo TEnT (Translation Environment Tools) che concepisce il sistema di traduzione assistita come una vera e propria “costellazione” di funzionalità e strumenti. CAT e TEnT sono la stessa cosa? O c’è una differenza tra i due?

In realtà sono la stessa cosa. La definizione “TEnT” è stata coniata da Jost Zetzsche, uno dei guru del nostro settore. Qualche anno fa Jost scelse di trovare una definizione più ampia per descrivere i CAT tool, poiché constatò che quasi tutti disponevano di molte più funzioni della semplice memoria di traduzione, e che con il tempo erano diventate delle vere e proprie suite. Insomma, erano passati da strumenti per la traduzione a strumenti per i traduttori. Attualmente un CAT tool mette a disposizione del traduttore glossari, dizionari, correttori ortografici e stilistici, strumenti per la manutenzione delle memorie, programmi di allineamento, persino funzioni di gestione progetti. Non esiste quindi una dicotomia fra le due definizioni: TeNT è soltanto l’etichetta più recente affibbiata a questi programmi, nel tentativo di descriverne meglio la portata. Va anche detto che non tutti accettano la definizione, in quanto il termine environment ha in informatica un’accezione ben precisa, poiché descrive sistemi di livello più basso (sempre in senso tecnico) rispetto a un applicativo (si parla ad esempio di “ambienti desktop” oppure di “ambienti di sviluppo”) per cui l’uso di Zetzsche sarebbe in qualche modo forzato.

Saper utilizzare i CAT è sempre più un requisito indispensabile perché la propria eventuale candidatura venga presa in considerazione dalle agenzie, soprattutto nel settore tecnico. Quali sono i CAT più diffusi e quali ti sentiresti di consigliare a chi volesse impararne uno scegliendolo anche proprio in base a una valutazione di “potenzialità di inserimento commerciale” del genere?

Non si può dare una risposta univoca a questa domanda, perché la scelta di un CAT tool è una decisione strategica, che va presa in base ai propri obiettivi. Il leader di mercato, per molte ragioni che sarebbe lungo spiegare qui, è SDL Trados Studio. Dietro Trados si collocano memoQ, Wordfast, Star Transit, Déjà Vu, OmegaT e tantissimi altri (qui elencati in ordine sparso). Inoltre, la diffusione degli strumenti è abbastanza diversa a seconda dei paesi, per cui i fattori da considerare al momento dell’acquisto sono vari. Se si lavora con clienti che richiedono uno strumento specifico è ovvio che tanto vale esaudire la richiesta, anziché intestardirsi su un programma diverso per poi correre rischi di mancata compatibilità. Chi può scegliere in totale libertà dovrebbe analizzare il proprio profilo e cercare il programma più adatto alle proprie conoscenze informatiche, al tipo di formati con cui lavora più spesso; dovrebbe anche considerare questioni quali l’interoperabilità, ovvero quanto è facile scambiare i propri progetti con committenti o colleghi che lavorano con altri strumenti, la flessibilità della licenza (spesso lavoriamo su più di un computer e non sempre il prezzo della licenza multipostazione è uguale a quello della postazione singola); infine va anche valutato il materiale formativo a disposizione: per ottenere il massimo da qualsiasi strumento di traduzione assistita è imprescindibile dedicare un certo tempo alla lettura e approfondimento del manuale, poiché in generale si tratta di programmi non troppo intuitivi, anche se in questo senso sono stati compiuti grossi passi avanti, soprattutto dai programmi web-based.

Stando alla tua esperienza, chi usa i CAT? Traduttori alle prime armi, traduttori esperti, traduttori che operano in un settore specifico… Perché per esempio nel mio ambito di competenza, che è quello editoriale, è opinione diffusa che i CAT non servano dato che il nostro è un lavoro più “creativo” (passami il termine) sulla lingua: questo secondo me vale sicuramente per la narrativa, ma non poi così tanto per altri tipi di traduzione che rientrano sempre nell’editoriale ma vanno a coprire un’area più ibrida (non so, penso alle guide turistiche, alle brochure di marketing…) A tuo avviso chi sono gli utenti privilegiati che possono ricavare più vantaggi in termini di produttività dall’utilizzo di questi sistemi?

Tradizionalmente i CAT tool vengono usati dai traduttori tecnici per lavorare su versioni successive di uno stesso documento, in modo da non dover ritradurre le parti invariate da una versione all’altra. Nulla vieta di usare uno strumento di traduzione assistita anche per testi editoriali. Il fatto che il CAT tool segmenti il testo a livello di frase (per semplificare) spinge il traduttore a concentrarsi sulle singole unità, dando origine a testi che ricalcano il flusso dell’originale. Se questo non è generalmente un problema nei testi tecnici, lo può essere nei testi editoriali e soprattutto nella narrativa. Ci sono poi altre considerazioni legate all’uniformità: più un testo è coerente, ovvero esprime gli stessi concetti con le stesse parole, maggiore sarà il livello di coincidenza e quindi l’aumento di produttività. Per rimanere nell’ambito editoriale, uno strumento di traduzione assistita potrebbe risultare molto utile nel caso della traduzione di un saggio o di un testo enciclopedico-manualistico, in cui ricorrono spesso termini uguali: le funzioni di riconoscimento terminologico potrebbero agevolare di molto il lavoro. Tuttavia, non c’è una risposta definitiva: ogni caso va analizzato e valutato a sé stante.

Infine, l’ultima domanda è d’obbligo: tu che CAT hai scelto? E perché? C’è stato un periodo della tua vita professionale in cui lavoravi senza? Cos’hanno cambiato nel tuo lavoro (in meglio e in peggio)?

Dal 2010 circa nella mia agenzia usiamo quasi esclusivamente OmegaT, lo strumento di traduzione open-source e gratuito. L’abbiamo scelto per ragioni molto pratiche: essendo open-source, lo possiamo usare su diversi computer senza l’assillo dell’attivazione delle licenze; inoltre, poiché è multipiattaforma, ovvero può essere usato indifferentemente su Windows, Mac e Linux, è stata la scelta obbligata per il nostro ufficio in cui ci sono computer con tutti questi sistemi operativi. Una funzionalità che, da sola, ci fece propendere per questa soluzione, è la funzione “team project”, che consente a più utenti di condividere uno stesso progetto simultaneamente. All’epoca, le soluzioni di memoria condivisa di altri programmi proprietari costavano diverse migliaia di euro e quindi la nostra scelta ricadde su OmegaT anche per motivi economici.

Tranne alcuni progetti svolti durante il periodo di studi, quindi circa vent’anni fa, ho sempre usato programmi di traduzione assistita: all’inizio Wordfast, poi Star Transit, quindi Trados Workbench, poi Trados Studio e infine OmegaT, senza contare altri progetti saltuari svolti con altri strumenti, sia desktop che online.

L’impatto della traduzione automatica su alcuni progetti, soprattutto nell’ambito della localizzazione di software, è stato incredibile. Ci sono segmenti, nelle mie principali combinazioni di lavoro (spagnolo-italiano e inglese-italiano) che vengono tradotti quasi perfettamente. Il risparmio di tempo è enorme. Un altro fattore di incremento della produttività sono le funzioni di autocompletamento, per cui il CAT tool ti suggerisce cosa scrivere dopo aver digitato i primi due o tre caratteri, prendendo i suggerimenti dai glossari e dai testi scritti in precedenza. Anche questo è un grosso aiuto.

Lo svantaggio maggiore è rappresentato dal fatto che siamo sempre più dipendenti dalla tecnologia: a volte i CAT tool danno grattacapi ed è facile buttar via del tempo nella risoluzione di problemi che non avremmo se non li usassimo. Come al solito, bisogna valutare se il gioco vale la candela, ovvero se il tempo speso nella risoluzione dei problemi è inferiore a quello guadagnato grazie all’incremento di produttività. Nel nostro caso non ci sono dubbi, il bilancio è nettamente positivo.

A questo link le registrazione del webinar ‘Introduzione agli strumenti CAT’

Info al numero +39 347 3972992 oppure via mail a stl.formazione@gmail.com


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Privacy