CHI È TRADUTTORE ALZI LA MANO – LA STORIA DI FRANCESCA MAZZA

Pubblicato il 15 Giugno 2016 alle 8:08 1 Commento

Chi è traduttore alzi la mano – Storie di una professione | La storia di Francesca Mazza

You’re going to reap just what you sow
Raccoglierai solo ciò che semini
(Lou Reed – Perfect Day)

Il senso che do alla mia storia (professionale ma non solo) è questo: se hai in mente un obiettivo, qualcosa a cui tieni davvero, impegnati in una buona semina e aspetta con pazienza, tanta pazienza: i frutti arriveranno.

Sono diventata traduttrice freelance solo dieci anni fa ma, se ripenso al passato, i segni che ciò sarebbe accaduto erano già lì.

Nel 1978, quando avevo nove anni, i miei genitori iscrissero me e mio fratello a un corso di inglese per bambini: volevano che imparassimo quella lingua così importante che loro non conoscevano. Ricordo ancora quando mio padre, dopo i primi mesi di corso, mi chiese di tradurgli il testo di “Honesty” di Billy Joel, mentre io a malapena sapevo contare fino a dieci! Ancor oggi non posso fare a meno di intravvedere in quella sua bizzarra, impaziente richiesta una specie di presagio di ciò che sarebbe accaduto in seguito.

L’anno successivo, al termine del corso, fui spedita per un mese nel Sussex con un gruppo di miei coetanei. Non imparai quasi nulla, ma in compenso rimasi letteralmente folgorata da quello strano paese dove si circolava sul lato “sbagliato” della strada, ci si metteva in fila per prendere l’autobus e i miei padroni di casa, invece del tovagliolo, usavano la manica della camicia!

E poi, naturalmente, c’era la lingua: ne avevo avuto un’infarinatura molto vaga durante il corso, ma sentirla parlare dal vivo, sul posto, era una cosa completamente diversa, e molto entusiasmante. Sebbene non capissi una parola, l’inglese mi affascinò a tal punto che, una volta tornata in Italia, giurai solennemente a me stessa che un giorno sarei riuscita a padroneggiarlo senza sforzo.

Con queste premesse, già mi vedevo al liceo linguistico. Non sempre, però, le cose vanno secondo i nostri desideri. A Mantova, la mia città, all’inizio degli anni ottanta il liceo linguistico era privato e, dopo la scomparsa di mio padre, non potevo permettermi una scuola costosa.

E così finii al liceo classico. Contro ogni aspettativa, mi piacque moltissimo! È pur vero che il latino e greco sono lingue morte, ma sempre lingue sono. Gli anni del ginnasio furono anni di studio “matto e disperatissimo”, durante i quali, a suon di aoristi ed eccezioni grammaticali, versioni dal latino e dal greco e, a volte, persino dal greco al latino, mi allenai alla comprensione e all’intuizione, fondamentali per chi svolge il nostro lavoro.

Al termine del liceo, dopo avere vissuto nel dubbio per alcuni mesi (lettere classiche o lingue moderne?), scelsi lettere classiche. Mi sarebbe dispiaciuto abbandonare definitivamente le lingue antiche e la civiltà classica, che tanta influenza aveva avuto sul mio sviluppo e sulla formazione del mio sistema di valori. Per inciso, ritengo che l’importanza e la perennità degli studi classici risiedano proprio nella centralità della riflessione sull’uomo e sulle sue azioni.

Poiché non avevo dimenticato il mio solenne giuramento di bambina, mi ritrovai a studiare l’inglese (ma anche il francese) nei ritagli di tempo, trascorrendo periodi di vacanza e anche di lavoro nel paese che mi aveva incantata, e che non smetteva di affascinarmi, vista anche la mia crescente passione per il rock britannico. Negli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza, uno dei miei passatempi preferiti era tradurre in italiano, e imparare a memoria, i testi dei miei musicisti preferiti. Alla fine avevo accontentato anche papà e la sua strana richiesta!

Con una laurea in lettere classiche, il mio futuro sembrava abbastanza scontato. Avrei insegnato latino e greco in qualche liceo, e tanti saluti all’inglese. Invece no: ancora una volta le necessità familiari mi costrinsero a cercarmi subito un lavoro, rinunciando all’insegnamento, che avrebbe significato vivere nell’incertezza economica, almeno inizialmente. A sei mesi dalla laurea, fui assunta da una multinazionale americana nel settore della calzetteria, solo perché… conoscevo l’inglese!

In dieci anni cambiai tre aziende diverse, ma il denominatore comune fu sempre la conoscenza della lingua anglosassone. Alla fine del 2005, questa consapevolezza mi spinse a prendere una decisione che qualcuno giudicò azzardata, ma che, per me, era l’unica possibile. Mi dimisi dall’azienda in cui ero stata assunta a tempo indeterminato, trovai un impiego part-time e, contemporaneamente, cominciai a muovere i primi passi come traduttrice freelance, anche grazie ai preziosi suggerimenti di una carissima amica, che da sempre svolgeva la nostra professione. Mi iscrissi alle mailing list e ai portali del settore, a un’associazione di categoria, iniziai a frequentare corsi e, a poco a poco, fui in grado di ampliare la mia piccola rete di contatti, fondamentale per farsi strada nella nostra attività. Dopo due anni, potei lasciare il lavoro part-time per dedicarmi interamente alla professione di freelance. Nel 2010, infine, conseguii il Diploma in Translation dell’Institute of Linguists di Londra per la combinazione inglese-italiano.

All’inizio non mi era chiaro in che cosa avrei voluto specializzarmi: sapevo solo che amavo l’inglese e la scrittura. Mi ci vollero un po’ di anni, e diversi clienti, per capire che ciò che mi riusciva meglio era la scrittura promozionale. Mi è sempre piaciuto uscire da me stessa per mettermi nei panni degli altri, e credo che questo processo di immedesimazione, anzi, di empatia sia fondamentale per comunicare in modo efficace le caratteristiche di prodotti e servizi anche molto diversi tra loro. Senza dimenticare la sensibilità per i toni e i registri del testo, che credo di avere sempre posseduto, ma che continuo ad esercitare attraverso lo studio e la formazione.

Dopo dieci anni, mi sento ancora quasi all’inizio. Oggi ho persino più obiettivi di quando ero una freelance in erba! Poiché mi piacerebbe raggiungerne qualcuno, continuo a seminare con pazienza, sforzandomi di cogliere tutte le occasioni che, un giorno, daranno frutto.

 

Francesca Mazza – Nata a Mantova, dopo la maturità classica mi sono laureata in lettere classiche presso l’Università di Bologna, con una tesi in grammatica latina che comprendeva la traduzione di alcuni capitoli della Cena Trimalchionis di Petronio Arbitro. Alla passione per le lingue antiche e per l’approccio filologico al testo, affianco da sempre l’amore per la scrittura e lo studio delle lingue moderne, in particolare dell’inglese, da cui sono stata folgorata nel Sussex a dieci anni. A quel primo soggiorno in Gran Bretagna ne sono seguiti molti altri, per motivi di studio e di lavoro. Prima di diventare traduttrice freelance, sono stata dipendente in alcune aziende, quasi sempre con il ruolo di “quella che sa l’inglese e scrive bene in italiano”. Nel 2010 ho conseguito il Diploma in Translation dell’Institute of Linguists di Londra. Vivo a Milano da quasi vent’anni; da dieci mi occupo principalmente di traduzioni redazionali e promozionali, soprattutto nel settore del lusso, che mi permettono di giocare con lo stile e le parole e – a volte – di sentirmi creativa. Adoro gli autori russi (Tolstoj è il mio preferito), la musica rock ma anche… baroque.

Sul web mi trovate qui:

Credits: La foto dell’articolo è di Pamla J. Eisenberg ed è protetta da licenza Creative Commons.

Vuoi che anche la tua storia sia pubblicata? Leggi il progetto Chi è traduttore alzi la mano e raccontaci il tuo percorso professionale. Ti aspettiamo!

  1. Jerry ha detto:

    It’s a beautiful story.


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