CHI È TRADUTTORE ALZI LA MANO – LA STORIA DI GIANNI DAVICO

Pubblicato il 30 Maggio 2016 alle 8:37 2 Commenti

Chi è traduttore alzi la mano – Storie di una professione.

Non sono un traduttore, che ci faccio qui? | di Gianni Davico

Non sono un traduttore. Ed è stato assolutamente per caso che mi sono avvicinato a questo settore, e gestire un’azienda di traduzioni è l’unica professione cui mi sono dedicato in tutta la mia attività lavorativa.

Probabilmente era la primavera del 1997. Per caso, proprio per caso passai alla biblioteca della Camera di commercio di Torino. (Forse non era totalmente un caso, a pensarci bene: adoro le biblioteche e adoro l’economia pratica.) Lì c’era un dischetto – lo conservo ancora, impolverato nel solaio – che conteneva un database di aziende piemontesi.

Non so come accadde di preciso, ma pensai di offrire a una parte di quelle aziende, scremate per tipologia, numero di dipendenti, fatturato eccetera – il servizio di traduzioni di lettere commerciali da/in inglese, che nel mio immaginario di allora avrei fatto io. (Conoscevo l’inglese, dopotutto: questo pensavo nella mia ignoranza del mestiere.) Mandai 256 lettere, ricevetti 4 ordini: un successone, sotto tutti i punti di vista.

Iniziai a tradurre quei fax, ma capii presto che non ero all’altezza del compito. Misi inserzioni, cercai traduttori. (Ero assolutamente all’oscuro di qualunque pratica del settore.) Feci degli errori (gli errori sono benedetti). Ne feci degli altri. Ma il servizio, in effetti, funzionava.

Mi resi conto allora che avrei dovuto allargare la mia piccola attività a contenere le “3S”:

– segretaria, perché da solo non potevo gestire tutto quel flusso di lavoro;

– studio, perché mi serviva una sede più grande;

– società, perché la ditta individuale non era più rispondente all’aumentata attività.

Feci le tre cose. Altri errori, tanti errori; ma l’attività proseguiva. I clienti arrivano, tornavano e così via. Il fatturato continuava ad aumentare. Entrai in contatto con realtà fino ad allora per me sconosciute, come Federcentri e Langit. Langit mi aprì tante finestre, sia di conoscenza personale sia di contatti con traduttori e colleghi.

Assunsi delle persone. (Nel momento del massimo “splendore” la nostra struttura comprendeva cinque persone, me incluso.)

Ma volevo capire di più, volevo andare oltre, volevo aiutare i traduttori e la comunità che tanto mi aveva dato. Allora presi la mia valigia di cartone e nel 2003 andai a New York a parlare con quanti più colleghi possibile. Questo mi diede apertura mentale, idee, spunti. Sognai il libro. Lo scrissi, lo pubblicai. Partecipai a tante conferenze, sia in Italia che all’estero, sia come uditore che come relatore. (Anche con Sabrina abbiamo completato insieme numerosi progetti di formazione per traduttori.) Scrissi articoli, diedi vita al blog.

Poi a un certo punto, complice forse la crisi, mi stufai un poco. Vidi la fine del mio tempo, capii che non potevo soltanto lavorare ma avevo tramonti da guardare, figlie da vedere crescere e con cui crescere, luoghi da visitare, avventure sportive da tentare. Riorganizzai tutto, rimasi da solo all’interno di Tesi & testi. Avevo fatto il giro del mondo ed ero ritornato a casa, la casa che appartiene alla mia famiglia dal 1920 (no, forse non è corretto dir così, probabilmente dovrei dire che la mia famiglia “appartiene” a questo luogo dal 1920).

L’attività proseguì con anni difficili. L’INPS e sedicenti consulenti mi tolsero il sonno per un paio d’anni, e mi diedero tanti capelli grigi. Ma alla fine fui più forte: ripagai tutti i miei debiti e ripartii da zero. A quarantacinque anni circa. (Be’, sono lento in tutto, non è un mistero e non me ne preoccupo più.)

Ora è tutto a posto: il fatturato cresce, gli utili crescono, la mia soddisfazione di vedere un lavoro ben fatto è tanta.

Ma mi rimane ancora un cruccio, a dire il vero (“Solo un sogno / gli è rimasto nel sangue”, per dirla con Pavese): vorrei radunare (nel mio rifugio tra i monti, ovvio) tutti i traduttori e le traduttrici con cui ho lavorato in questi anni, in una grande festa per ringraziarli personalmente per aver condiviso con me un pezzetto della loro esperienza.

Laurea in lettere, 48 anni, Gianni Davico ha fondato Tesi & testi nel 1995 e la amministra da allora. Nel 2005 ha pubblicato L’industria della traduzione, libro di riferimento per il mercato delle traduzioni in Italia. Scrive articoli e partecipa come relatore in Italia e all’estero a seminari e conferenze sul mondo della traduzione. Qui trovate alcuni suoi articoli sull’industria della traduzione:

Piedmontese, an endangered languageRespect versus money in the translation businessThe ATA Conference: Impressions of a First-time AttendeeUn italiano a Manhattan. Tendenze del mercato americano delle traduzioniAgenzie maledette: per una nuova alleanza E qui i suoi blog: – Brainfood (professionale) – Campo pratica (golf) – GoPiedmont (piemontese) – Twitter (in una parola) – Facebook (carabattole e minutaglie)

Vuoi che anche la tua storia sia pubblicata? Leggi il progetto Chi è traduttore alzi la mano e raccontaci il tuo percorso professionale. Ti aspettiamo!

  1. Peter Eustace ha detto:

    Ciao Gianni, leggo sempre con interesse le tue considerazioni e oggi trovo analogie con la mia storia (che hai anche pubblicata tempo fa)…. Morale… chi impara dagli errori riesce andare avanti. Facciamo tanto strada ancora insieme spero!!!

  2. […] nuovo, sono strumenti a libera disposizione di chiunque con investimenti non certo elevati, ma io non sono un traduttore, e rimango quindi incantato da “scoperte” del genere. Il fascino non risiede nello strumento in […]


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