DIVENTARE TRADUTTORI – La traduzione della narrativa d’autore | Intervista a Federica Aceto

Pubblicato il 25 Aprile 2015 alle 8:51 0 Commenti

Diventare traduttori - La traduzione della narrativa d'autore

Che tipo di responsabilità sente un traduttore impegnato, come te, a far parlare in un’altra lingua la voce di un grande autore?

Senti una grande responsabilità, è ovvio. Soprattutto quando traduci un autore molto conosciuto e amato, con un suo fedele pubblico di lettori. Tradurre un autore che è già stato tradotto da altri, poi, è un’ulteriore responsabilità perché non ti devi misurare solo con la maestria dell’autore, ma anche con quella di tutti i traduttori che ti hanno preceduto.

Hai mai avuto contatti diretti con gli autori che hai tradotto?

Sì, mi capita spesso, forse faccio prima a dire quali sono gli autori con cui non ho avuto contatti diretti: JG Ballard (che ho tradotto quando era ancora vivo), Don DeLillo e Martin Amis. Nel caso di Point Omega, però, DeLillo aveva fornito tramite il suo agente una serie di risposte a domande di traduttori da altre lingue che avevano cominciato a lavorare al libro prima di me, e lì ho trovato tutte le risposte che mi servivano. Per quanto riguarda Amis, devo ammettere che ogni tanto mi farebbe comodo chiedergli qualcosa, ma non ho mai nemmeno lontanamente pensato di indagare se sia possibile mettersi in contatto con lui. Quell’uomo mi fa paura. Scherzo. No, non scherzo: un pochino mi fa paura.

Come si diventa traduttori di narrativa d’autore? Ci si può avviare subito su questa strada, magari attraverso lo scouting, o è meglio intraprendere prima altri percorsi e magari mettersi inizialmente alla prova con testi “più semplici”?

Be’, prima di tutto bisogna intendersi sul significato di narrativa d’autore. Uno può tradurre narrativa d’autore senza rendersene conto, come è successo a me quando ho tradotto il mio primo libro in assoluto che è stato Hotel World di Ali Smith, autrice con una voce importante, complessa e complicata. Una grossa responsabilità, che forse all’epoca non ho sentito con tutto il suo peso perché avevo l’incoscienza e l’entusiasmo della prima volta.
Comunque non credo che si “diventi” traduttori di narrativa d’autore, almeno non esclusivamente. Chi traduce narrativa traduce tutto, e la scuola della narrativa di genere è importante (e a me un po’ manca), perché ti insegna ad avere metodo. La narrativa d’autore ha meno vincoli, meno limiti, o questi sono meno chiari, te li devi cercare e costruire da solo per ogni autore e per ogni testo. E quindi per affrontare un autore non di genere, che sperimenta con la lingua, che ha suoi codici personali (anche spesso a sua insaputa, ma il traduttore non può permettersi di non riconoscerli) ci vuole una certa dose di sicurezza in sé stessi e nei propri mezzi. Sicurezza che si può acquisire dopo qualche anno di pratica o che si può avere anche subito. Ho tenuto diversi corsi di traduzione negli ultimi anni, e in ognuno mi è capitato di individuare almeno un paio di studenti “principianti” che avevano la maturità, le competenze e l’atteggiamento giusto per affrontare anche autori con voci “importanti”. E non a caso quasi tutti hanno cominciato a tradurre libri e con successo.


Federica Aceto si è laureata in lingue e letterature straniere moderne all’Istituto Universitario Orientale di Napoli e ha conseguito un master in Anglo-Irish Literature presso lo University College Dublin. Ha vissuto vari anni in Irlanda, dove ha lavorato come language assistant al dipartimento di italianistica dello UCD di Dublino. Traduce narrativa dall’inglese da quindici anni. Tra gli autori da lei tradotti: Martin Amis, J.G. Ballard, Don DeLillo, Stanley Elkin, Lucia Berlin, Ali Smith. Ha tenuto vari corsi sia on line sia frontali per varie scuole di traduzione. Oltre a occuparsi di traduzione, insegna lingua inglese nella scuola media della casa circondariale di Rebibbia. È docente di STL dal 2013.


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