Gamification: apprendere velocemente divertendosi

Pubblicato il 8 Luglio 2016 alle 9:28 0 Commenti

di Laura Baldini

Federico Gioele, dopo cinque anni di scuola elementare a Milano, si trasferisce con la sua famiglia a San Francisco, nel cuore della Silicon Valley. Una delle sue preoccupazioni più grandi è la lingua: come fare a frequentare una scuola in inglese, come riuscire a comunicare con insegnanti e compagni? Federico vuole socializzare, vuole imparare velocemente, non vuole rimanere indietro con i programmi: allora s’ingegna. Legge molti libri in Inglese, soprattutto le storie fantastiche e divertenti di Roddy Doyle, ascolta la TV, ma soprattutto, un giorno, scopre Minecraft, un video gioco ideato dallo svedese Marcus “Notch” Persson nel 2009. Decide quindi di abbandonare i manuali di grammatica e inizia a guardare quotidianamente i video del suo youtuber preferito, Stampy Long Nose, un tipo che gli ricorda un po’ uno dei personaggi The Giggler Treatment. Ascolto dopo ascolto, diventa un esperto della piattaforma e apre il suo canale personale su youtube, JoelGamingYT dove inizia a postare i suoi video, alcuni dei quali realizzati insieme ai compagni di scuola americani e, soprattutto, ad altri ragazzini neo-emigrati, incoraggiati da Federico a esprimersi liberamente nella loro nuova lingua per apprenderla più velocemente e in modo divertente. I ragazzi si incontrano ogni giorno, programmano trasmissioni, notiziari, creano e montano filmati e documentari. Uno di questi video diventa virale in rete: The Wolf Rocky, una storia sul bullismo che Federico ha realizzato insieme ad Alessandro, un bambino arrivato da poco a San Francisco da Pavia. È facile capire che non si tratta di un semplice video-gioco; Minecraft è piuttosto un vero e proprio strumento di linguaggi per raccontare storie, a più livelli, con la forza dell’audiovisivo e della grafica, permettendo anche di collegare persone da un posto all’altro del mondo in una creazione collettiva e aperta, con lo scopo di apprendere ma anche di socializzare. Il video game diventa infatti anche un vero e proprio strumento di integrazione culturale; per dirla con Jesse Schell, la vita quotidiana è fatta da azioni spesso ritenute noiose e mal digerite (come può essere per qualcuno, ad esempio, l’apprendimento di una lingua) mentre il gioco è un’azione volontaria finalizzata al divertimento. La gamification, appunto, cerca di coinvolgere le persone a provare più divertimento nelle attività di tutti i giorni attraverso il gioco. Tutto ciò è possibile grazie soprattutto all’approccio “digital native”: i ragazzi di oggi sono più predisposti a questo tipo di apprendimento, possono utilizzare la nuova tecnologia anche per apprendere una lingua nuova secondo il principio “learning by doing”, senza paura di sbagliare, “senza timori, né riverenze accademiche, piuttosto attraverso un approccio puramente libero, che permette di fare esperienza diretta in maniera molto più efficace ed interattiva rispetto ai tradizionali metodi di studio”.

Gli Stati Uniti, in questo, sono certo all’avanguardia. Il settore dell’Ed-tech sta facendo passi da gigante e continui e sostanziosi sono gli investimenti da parte dell’United States Department of Education. E in Italia? Il nostro sistema di formazione è purtroppo ancora troppo tradizionale, pochissimo spazio viene dato al cosiddetto metodo “hands-on”, a sistemi cioè aperti, empirici. Nei tredici anni di scuola primaria e secondaria le lingue vengono insegnate quasi esclusivamente sui libri di testo, ancora poche le scuole che hanno a disposizione un laboratorio linguistico, quasi nessun istituto può contare su insegnanti madrelingua. I tempi di apprendimento sono quindi molto lunghi e gli obiettivi che si raggiungono sono, quasi sempre, piuttosto modesti.

Federico invece, dopo solo sei mesi in California, è stato brillantemente promosso al secondo anno di scuola media, alla Francisco Middle School, la stessa frequentata da Joe Di Maggio, anche Joe di origine italiana, anche Federico un campione!

Fonte: www.libreriamo.it/scuola


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