EN o ENG? IT o ITA? E it-IT? | I codici per indicare le lingue

Pubblicato il 19 Ottobre 2023 alle 17:38 0 Commenti

EN o ENG? IT o ITA? E it-IT? | I codici per indicare le lingue


A cura di Sara Tirabassi


EN o ENG? IT o ITA? E it-IT? | I codici per indicare le lingue

Sta per: inglese (EN e ENG), italiano (IT e ITA), italiano parlato in Italia (it-IT)

Cosa vuol dire: sono codici utilizzati per indicare le lingue


Noi traduttori dobbiamo spesso indicare in modo sintetico lingue e combinazioni di lavoro, può capitare però di domandarsi quale sia l’abbreviazione giusta, visto che non ce n’è mai una sola per una data lingua. 

Per prima cosa, vediamo da dove arrivano queste abbreviazioni: sono codici internazionali che rappresentano le lingue. È necessario che siano standardizzati per renderli funzionali e comprensibili a tutti. Della standardizzazione si è occupato uno dei più noti organismi nel campo, ovvero l’ISO (International Organization for Standardization), che ha prodotto un’apposita norma dedicata alla classificazione delle lingue: la ISO 639, stilata dal Comitato Tecnico TC 37 – Language and terminology.

La ISO 639 non si limita a dare un elenco di codici: come molti altri standard è suddivisa a sua volta in cinque parti, alcune delle quali forniscono i codici di 2 o 3 lettere (detti rispettivamente codici alpha-2 o alpha-3) che ben conosciamo:

  • Parte1, ISO 639-1:2002: codici da 2 lettere per la maggior parte delle lingue parlate
  • Parte 2, ISO 639-2:1998: codici da 3 lettere in grado di rappresentare un numero maggiore di lingue
  • Parte 3, ISO 639-3:2007: codici da 3 lettere per un elenco di lingue il più completo possibile, che comprende anche le lingue antiche e morte
  • Parte 4, ISO 639-4:2010: principi di creazione dei codici e linee guida per l’uso dello standard ISO 639
  • Parte 5, ISO 639-5:2008: codici da 3 lettere per famiglie e gruppi linguistici
  • Parte 6, ISO 639-6: codici da 4 lettere per indicare tutte le varianti linguistiche (anche temporali); è stata proposta nel 2009 ma è stata ritirata nel 2014 per la scarsa utilità in rapporto all’impegno per mantenerla

La storia della parte 6 avrà fatto scattare qualcosa nella vostra mente: per chi lavora con lingue coloniali e postcoloniali parlate in diverse parti del mondo (inglese, spagnolo, francese, ecc.) non basta indicare la lingua, è importante anche la specifica variante. Per fortuna arriva in nostro soccorso lo standard ISO 3166, che fornisce la chiave per identificare i diversi Paesi con codici da 2/3 lettere e codici numerici. Generalmente si utilizza il codice da 2 lettere affiancato al codice della lingua, con un trattino nel mezzo. Per indicare l’italiano parlato in Italia scriveremo quindi it-IT, per indicare l’italiano parlato in Svizzera scriveremo it-CH.

Arrivati qui, è lecito chiedersi da dove vengano maiuscolo, minuscolo e trattino: è una convenzione, anche se non sempre utilizzata da tutti. La combinazione tra codici di lingua e Paese nasce in ambito informatico ed è stata formalizzata nella raccomandazione BCP 47 dell’IETF (Internet Engineering Task Force). Questo formato si è poi affermato nell’ambito di traduzione e localizzazione.

Sta quindi a noi scegliere di volta in volta che codice usare. Io in generale preferisco i codici da 2 lettere per brevità. Se descrivo però servizi monolingue indicando solo l’italiano opto per il codice da 3 lettere ITA, che al contrario di IT non può essere erroneamente interpretato come relativo all’ambito informatico (Information Technology). Se invece mi presento per la prima volta a un’agenzia, trovo utile specificare la variante di italiano di cui sono parlante madrelingua, ovvero it-IT.


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Credits: La foto dell’articolo è su canva.com

 


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