La transcreation: cos’è e perché i brand globali dovrebbero usarla
Pubblicato il 29 Marzo 2021 alle 12:23 2 Commenti
Un articolo di Martine Moretti
Il concetto esiste dagli anni ‘60, ma si è dovuto aspettare il prepotente avvento di Internet e della globalizzazione per sentirne parlare ovunque: la transcreation è (o quantomeno dovrebbe essere) la principale alleata degli odierni brand globali.
Ma cos’è questa “nuova” competenza che promette grandi risultati alle aziende internazionali e prestigio ai transcreator che la possiedono? La cara vecchia traduzione non basta più? Qualsiasi esperto bilingue è in grado di fornire questo servizio?
In questo articolo, cercheremo di rispondere a queste e ad altre domande che in tanti, linguisti e brand, si pongono.
TRANSLATION+CREATION = TRANSCREATION, ET VOILÀ!
Come si evince dal titolo, “transcreation” è una parola macedonia composta da “trans(lation)” e “creation”. Ha quindi in sé due componenti importanti: la traduzione e la creazione (e per creazione si intende il copywriting).
È, in sostanza, un adattamento culturale che passa per la riscrittura (parziale o totale) – copywriting – di un messaggio pubblicitario e/o promozionale da una lingua di partenza a una o più lingue di arrivo.
Ma… c’è un “ma”. Già, perché la transcreation prende un po’ le distanze sia dalla traduzione che dal copywriting, ed è proprio questo che la rende una competenza a parte.
La differenza sostanziale tra traduzione e transcreation risiede nel grado di creatività ed equivalenza all’originale. Più che le parole e/o la struttura di un messaggio, infatti, la transcreation ne “traduce” l’effetto e l’impatto generati sul pubblico della lingua di partenza, cercando poi di riprodurli sul pubblico della lingua di arrivo. In soldoni, se una pubblicità inglese fa scappare la lacrimuccia, il suo adattamento in italiano dovrà sortire lo stesso effetto mantenendosi, tuttavia, fedele al messaggio veicolato; non importa se per riuscirci si stravolge la struttura rispetto alla versione originale.
Con la transcreation, si vanno a titillare le corde della persuasione di un messaggio (sia esso finalizzato alla vendita, al consolidamento di un brand, alla diffusione di un progetto di sensibilizzazione sociale o ambientale, ecc.). L’obiettivo? Conquistare l’orecchio sensibile del pubblico a cui ci si rivolge, che deve essere accuratamente identificato.
La differenza tra transcreation e copywriting, invece, risiede nel grado di libertà di creazione rispetto all’originale. Mentre il copywriter è libero di creare testi commerciali da zero, ovviamente entro i limiti del brief – che, per semplificare, chiameremo qui “istruzioni del committente” –, il transcreator deve sempre tenere presenti sia il testo originale che il brief stesso e misurarsi con aspetti linguistici, culturali e commerciali per cui, a volte, non esiste corrispondenza perfetta.
Insomma, anche se passare da “Kids and grown-ups love it so… the happy world of Haribo” a “Haribo è la bontà… che si gusta ad ogni età” è sicuramente una sfida notevole, più avanti scopriremo l’immensa attrattiva e poliedricità di quella che noi di STL amiamo chiamare wonder skill.
Committenti: trovare il partner lavorativo ideale
Buone notizie in vista, transcreator e futuri tali: potenzialmente, la transcreation trova spazio nella strategia comunicativa di tutte – sì, proprio tutte – le aziende di livello internazionale, indipendentemente dal settore o dal segmento di mercato in cui operano.
Tutte, infatti, devono promuoversi e pubblicizzarsi sui propri mercati esteri di riferimento. È possibile segmentare il profilo dei committenti, poiché un transcreator può lavorare sia per reparti specifici presso i cosiddetti ‘clienti diretti’ che per intermediari di diverse tipologie. Per ognuna di queste, ci sono processi di candidatura diversi e si possono sviluppare supporti di comunicazione ad hoc per essere sicuri di attirare l’attenzione del proprio potenziale cliente.
Il transcreator: il ninja della traduzione creativa
Per spiegarvi in sintesi chi sono i transcreator e quali sfide si trovano ad affrontare, mi avvarrò dell’aiuto di… un sacco di patate.
Niente paura, non si tratta della testimonianza di un transcreator estremamente goffo, ma del breve messaggio promozionale che vi propongo qui sotto.
Uscito all’inizio di febbraio per Burger King Francia in sostegno dei produttori di patate durante la pandemia (qui trovate maggiori info sulla campagna francese).
“WE’RE KEEPING FRENCH FARMERS FEELING CHIPPER.
With the restaurant sector in trouble, thousands of French farmers have found themselves unable to sell their produce. Among them, potato farmers have been left with tonnes of the crop on their hands.
We decided to lend them a hand by buying 200 extra tonnes of potatoes, and from 2 February, we’re giving away a one-kilo bag of potatoes with every visit to a drive-thru.
And you can help too by making a resolution for 2021: to keep buying potatoes.
Wedges, hash browns, roast potatoes and mash – say yes to them all. For the love of spud, let’s make this year a good one.
Dig in and learn more on burgerking.fr.”
È subito abbastanza chiaro che il testo contiene elementi di transcreation, mescolati ad altri di traduzione marketing. Vediamoli insieme:
IL TITOLO
Contiene un gioco di parole a tema perché “chip” vuol dire “patatina” e “feeling chipper” vuol dire “sentirsi felice” (anche il francese utilizza “redonner la patate” che vuol dire “ridare il sorriso/il buonumore”). In italiano, l’ideale sarebbe trovare un modo di dire con lo stesso riferimento.
Attenzione, però, abbiamo un problemino: i modi di dire con le “patate”, in italiano, rimandano spesso a immagini (e costruzioni grammaticali) “negative” (essere un sacco di patate, spirito di patata, essere una patata…), mentre, in genere, i titoli così marketing (specialmente quelli che veicolano un’idea positiva) mal si sposano con la negazione.
Ehi! Se qualcuno conosce modi di dire con le patate associati al buonumore o al sorriso, faccia un fischio!
LUNGHEZZA E LAYOUT
Vanno tenuti d’occhio per due ragioni: il testo inglese è di norma più sintetico rispetto all’italiano e il packaging ha un impaginato tanto originale quanto rigido, ergo non è possibile sforare troppo. In inglese, conto 45 caratteri spazi inclusi. Se non fosse possibile far meglio, dovremmo compensare altrove. Su due piedi, penso a: AIUTIAMO I PRODUTTORI FRANCESI A NON FINIRE FRITTI (+/-50 caratteri), oppure (seppur esuliamo dall’idea di “ridare il sorriso” o “mettere di buonumore”) TOGLIAMO UNA PATATA BOLLENTE AI PRODUTTORI FRANCESI. Si veicola l’idea positiva di aiuto e risoluzione di un problema. Il verbo, poi, oltre che una prima persona plurale, potrebbe indicare un imperativo esortativo e quindi prestarsi a una doppia lettura.
IL TESTO CENTRALE (fino a “to keep buying potatoes”)
È piuttosto lineare, sebbene contenga un modo di dire “potato farmers have been left with tonnes of the crop on their hands”, ma richiede una traduzione marketing fluida e accattivante.
Potremmo forse renderlo con “i produttori si sono ritrovati con tonnellate di patate (bollenti!) da gestire (o da smaltire). Vale, ovviamente, se per il titolo non scegliamo la stessa immagine.
WEDGES, HASH BROWNS, ROAST POTATOES AND MASH…
Qui si parla di modi diversi di cucinare le patate e ci vedo benissimo l’adattamento di un modo di dire: “Crude, arrosto oppur lessate di’ di sì alle patate (oppure “scegli” sempre le patate)”.
FOR THE LOVE OF SPUD
Qui si travisa volontariamente il classico “for the sake of something” aggiungendo il sacro tubero. Noi potremmo restare nel mondo agricolo (esortando tutti a contribuire) così: “E non diamoci la zappa sui piedi: contribuiamo tutti affinché questo sia un buon nuovo anno”.
DIG IN
In francese, “garder la frite”, in questo caso, rimanda all’idea di “stare o sentirsi bene” o “mantenere il sorriso/il buonumore”. In inglese, invece, con “dig” si fa riferimento all’atto di zappare (per raccogliere patate) con un doppio senso esortativo, come a dire: dacci dentro! In italiano, potremmo esulare dalla “patata” pur restando in tema (un po’ sulla falsariga del francese): “Per coltivare un bel progetto e saperne di più: burgerking.com”.
Ovviamente, la fattibilità e la pertinenza delle nostre scelte dipenderebbero anche dallo spazio a disposizione – pertanto, giocare con la lunghezza delle singole parole nella porzione di testo più “marketing” ci consentirebbe, forse, di “allargarci” un po’ di più sui giochi di parole e i riferimenti culturali a tema agricolo.
Insomma, avete capito quante insidie linguistico-culturali possono celarsi anche dietro a un testo così piccolo?
Con la sua penna-sciabola, il ninja-transcreator traccia tratti sicuri schivando le trappole che gli si presentano lungo il cammino, per creare un testo incisivo, in grado di soddisfare l’obiettivo perseguito dal cliente e il suo pubblico di riferimento.
In altre parole, il transcreator è un professionista completo e poliedrico, una sorta di figura mitologica: ⅓ asso della traduzione, ⅓ conoscitore del marketing, ⅓ fuoriclasse del copywriting, in grado di trasformare un brainstorming infervorato in un testo persuasivo di sicuro impatto.
Spesso nasce come traduttore e consolida costantemente le sue conoscenze in tutti e tre i campi, praticando regolarmente la traduzione, affinando le tecniche di copywriting e perfezionando le sue nozioni di marketing, ambito in cui, nella maggior parte dei casi, già traduce e continua a formarsi.
Domandona da un milione di dollari: cosa transcreiamo?
Anche se il principale palcoscenico della transcreation è la pubblicità, dove viene impiegata per adattare slogan (“Müller, fate l’amore con il sapore”), headline (titoli), payoff (Just do it), script radio/TV, ecc., non è raro trovarla anche in testi marketing (o promozionali). Transcreation e traduzione marketing, infatti, non sono due compartimenti stagni bensì due facce della stessa medaglia. Potremmo quindi doverci misurare con testi medio-lunghi ad alto contenuto di transcreation, come un articolo di blog, un catalogo o una brochure.
Semplificando al massimo, possiamo affermare che quando la struttura (sintattica, terminologica ecc.) del testo di partenza può essere seguita senza interventi troppo massicci al testo, siamo di fronte a una traduzione marketing (che richiede comunque ottime competenze redazionali, creatività e conoscenza dell’universo del marketing); quando invece dobbiamo allontanarci dalla versione originale e, in alcuni casi, riscrivere totalmente il testo, molto probabilmente ci stiamo misurando con una transcreation.
Conclusioni
In un’era sempre più globalizzata, la transcreation è una competenza strategica fondamentale per le aziende internazionali e il transcreator un autentico consulente, capace di accompagnare i clienti consigliando loro la soluzione più adatta da un punto di vista culturale, linguistico e commerciale.
A seconda del supporto, dell’obiettivo commerciale e del pubblico di riferimento, il transcreator saprà adattare testi pubblicitari o promozionali con brio, pertinenza e la giusta dose di creatività, quando e se serve.
Se l’argomento vi stuzzica, venite a sbirciare la rubrica Oltre le parole, sul nostro canale YouTube dove ogni due venerdì apriamo una finestra sulla nostra amata transcreation e, se desiderate approfondire o consolidare le vostre competenze in materia, date un’occhiata al corso on demand dedicato e agli altri materiali che abbiamo messo a disposizione sul sito (trovate i link più sotto, alla fine dell’articolo).
E ora, prodi creativi, impugniamo le penne… e buona transcreation a tutti!
Credits: la foto dell’articolo è su Canva.com
Martine Moretti. Dopo aver conseguito una laurea in Lingue a Roma e aver vissuto e studiato a Santiago de Compostela (Spagna), approda in Francia per amore. Nel 2009, parallelamente al lavoro in traduzione e comunicazione in-house, inizia il master in Traduzione Specializzata a Lilla e due anni dopo si mette in proprio. Da allora, sempre dal Paese della Tour Eiffel, non smette mai di specializzarsi: turismo, marketing, beauty e lusso sono il suo pane quotidiano in traduzione e transcreation, a cui si aggiungono l’interpretazione di trattativa e il copywriting. Dal 2016, interviene come docente di “progetto di traduzione italiano-francese” presso la Facoltà di Traduzione Specializzata Multilingue di Lilla e dal 2019, come docente per STL. È socia AITI e SFT.
Affronta la vita con ironia, lavora per vi…aggiare, adora l’arte in tutte le sue forme e non dice mai “no” a un aperitivo in buona compagnia.
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- TRANSCREATION, MITO O REALTÀ (Articolo a cura di Laura Cattaneo)
- OLTRE LE PAROLE (rubrica di transcreation sul nostro canale YouTube, a cura di Martine Moretti)
Ciao! Molto interessante. Mi chiedevo se “For the love of spud” non sarebbe invece una variazione di “For the love of God”.
Ciao Carla,
grazie per il commento. La tua riflessione va, secondo me, nella giusta direzione.
For the love of God (spud, in questo caso) o for the sake of spud hanno un’intenzione esortativa (Per l’amor del cielo, facciamo tutti la nostra parte affinché l’anno sia un buon anno — anche se “per l’amor del cielo” suonerebbe troppo pomposo o paternalistico, oltre a perdere il riferimento all’ortaggio). In francese, per esempio, si usa “purée”, che in senso proprio sta per “puré (di patate)”, ma che in questo caso, in senso figurato, è una sorta di esclamazione (come potrebbero essere “e accidenti!”, “e caspita!”, “e cavoli!”, ecc.) che rafforza il concetto di “E facciamola davvero tutti la nostra parte”. La fortuna del francese è avere un’esclamazione calzante, l’inglese ha cambiato le carte in tavola.
Rese che sfruttassero l’idea dell’inglese, tuttavia, mi suonavano strane, è per questo che ho provato a dare un’alternativa, seppur lontana dai testi source. Più che altro era per far capire il ragionamento che c’era dietro… ma la mia è una tra le tante soluzioni possibili.
Tu avevi pensato a qualcosa in particolare?
Un salutone, M.