Multitasking, piccolo vademecum per ansiosi | doppioverso

Pubblicato il 7 Marzo 2023 alle 14:46 0 Commenti

Multitask | Piccolo vademecum per ansiosi | doppioverso


Volete sapere per quale motivo, nel mio caso, il metodo pomodoro ha miseramente fallito? Semplice: perché il multitasking, a me, ha ormai letteralmente bruciato il cervello. Dalle 6.30 di mattina, ora in cui suona la sveglia, alle 11.30 di sera, momento in cui generalmente svengo a quattro di bastoni con la bolla al naso sul fu talamo nuziale o nella migliore delle ipotesi, se proprio cerco di darmi un contegno, mi addormento sbavando sullo schermo del Kindle, io vivo con il pedale dell’acceleratore costantemente pigiato.

Non riesco, per quanto disperatamente ci provi, a fare una cosa alla volta. Lavoro e intanto ascolto Spotify, arrivo al punto e intanto faccio partire una lavatrice, aggiorno i social e intanto scrivo due mail, mangio e intanto guardo Orphan Black, aiuto mia figlia a fare i compiti e intanto stendo, scolo la pasta e intanto faccio una telefonata.

Riviste, blog e libri pullulano da tempo di ricerche che dimostrano scientificamente gli effetti nocivi del multitasking. Il deficit cognitivo prodotto (meno 10 punti in termini di QI) sarebbe addirittura superiore a quello derivante dall’abuso di cannabis (e qui io, per inciso, ci infilerei un TANTO VALE… ma vabbè). Ne ho provati diversi, di quegli effetti, e posso certificarli tutti:

  • Aumento di cortisolo – l’ormone dello stress – nel cervello, e quindi stanchezza cronica: a me il caffè (che consumo in quantità industriali) fa più o meno lo stesso effetto di un defibrillatore su un cadavere.
  • Impennate di dopamina e adrenalina nel cervello, e quindi tendenza a comportamenti impulsivi e aggressivi: se a me viene un’idea devo metterla in atto subito, se ricevo una mail devo rispondere immediatamente, e ho una soglia di tolleranza pari a zero nei confronti di chi (un esempio per tutti, quel poveraccio che vive con me, ma non solo) giustamente se la prende un po’ più comoda (se ti dico “Metti il pigiama a Emma” devi scattare, non hai capito).
  • Vuoti di memoria: ultimamente sono migliorata, ma solo perché attacco post-it e prendo appunti ovunque. Lo spartiacque definitivo è stato un giorno di quattro anni fa quando bellamente seduta sul treno diretta a una conferenza stampa, tronfia per essere riuscita a fare la spesa e portare io Alice al nido prima di partire, ho ricevuto la telefonata di un’educatrice imbarazzata: “Sì, volevamo dirle… la bambina sotto al body non aveva il pannolino”.

Pensate che tutto ciò mi abbia convinta negli anni quantomeno a cercare di disintossicarmi dal multitasking? Assolutamente no, e questo per due ragioni fondamentali.

La prima è che, inutile che ce la stiamo a raccontare, il multitasking è un male inevitabile. Freelance o in ufficio, con una casa che non può essere proprio in tutto e per tutto simile a un accampamento 365 giorni all’anno, spesso donne, in molti casi anche madri, magari prendendosi anche il lusso di avere un hobby… ditemi voi come sarebbe mai possibile vivere in un altro modo, perché io non riesco a immaginarlo.

Secondo punto – e qui è il momento di fare coming out – almeno su di me il multitasking ha, contrariamente a quanto stabilito dalla scienza, un effetto rasserenante, perché mi consente di parcellizzare l’ansia della morte diluendola in tante ansie piccoline e scongiurando quindi l’effetto valanga.

Certo, a tutto c’è un limite ed è chiaro che girare tutto il giorno come una trottola impazzita non possa far bene a nessuno. Quindi, io vi dico, il segreto è:

Multitasking ma con moderazione 

Pochi e semplici accorgimenti vi basteranno a gestire al meglio le vostre millemila attività:

  • Fissate una soglia. Decidete che per oggi vi dedicherete solo a due, massimo tre compiti tra le cose che avete da fare. Questa è la regola che io ho più difficoltà ad applicare: il mio lavoro comporta inevitabili alti e bassi nei flussi, e io sono terrorizzata dai bassi, per cui quando mi arriva una richiesta, lo confesso, tendo ad accettarla nella logica per cui “poi se per un po’ non mi arriva niente…”, anche se ciò implica un diabolico accavallamento di commesse. In più, ho la sindrome del portarmi sempre e comunque avanti, perché sono in perenne paranoia da imprevisti – e faccio bene, visto che la scienza ancora si interroga a questo proposito ma si dà il caso che come una mia figlia si ammala o i nonni partono e non ho nessuno a coprirmi in caso di bisogno, sul piano professionale le tombe si schiudono, i morti risorgono e accade di tutto. Ma da lì non si scappa: bisogna domarsi, evitare il sovraccarico di attività, fuggire dall’horror vacui e godersi per quanto possibile i periodi di magra.
  • Datevi delle priorità. Uno degli aspetti che peggio sopportavo quando lavoravo in ufficio era il fatto di avere un capo che mi dicesse cosa fare e soprattutto quando farlo. Uno degli aspetti che più mi manca oggi che sono freelance è il fatto di avere un capo che mi dica cosa fare e soprattutto quando farlo. Quello che dovete imporvi è di essere il “capo di voi stessi”. Non può essere tutto urgente, tutto da processare subito, tutto da completare in men che non si dica.
  • Prendetevi del tempo, anche solo 10 minuti, in cui non fare NIENTE. Sapete qual è il momento più bello, per me, di tutta la settimana (vabbè, idealmente “di tutta la settimana”, perché purtroppo – che ve lo dico a fare? – non riesco a farlo con regolarità)? Quando vado in piscina, ma non mentre nuoto, dopo: quando esco dalla doccia e mi asciugo. Chiunque frequenti o abbia frequentato la piscina – per sé o per eventuali figli – sa benissimo che i phon negli spogliatoi sono la materializzazione del concetto di lentezza. Uno con l’enfisema polmonare che ti soffi sui capelli riuscirebbe ad asciugarteli prima. Eppure, per me, quella è la parentesi della stasi perfetta, in cui fisso il muro e respiro. La pace.

Last but not least, per non perdere i pezzi, appuntatevi tutto, anche ciò che vi sembra ovvio. È una saggia lezione che mia figlia Alice ha introiettato bene, da quel memorabile giorno di quattro anni fa che vi dicevo: dev’essere per questo che sulla prima pagina del suo diario di Violetta campeggia in stampatello il principe dei memo: “LAVA LE MUTANDE”.


Anche questo articolo si trovava in origine sul sito delle doppioverso Chiara Rizzo e Barbara Ronca (non più on line). Se volete rileggere anche gli altri, li trovate a mano a mano pubblicati sul nostro sito, in QUESTA RUBRICA!


Credits: La foto del post è su Canva.com


Barbara Ronca – Specializzata in narrativa anglofona (ha collaborato con diversi editori italiani traducendo autori come JK Rowling, Glenn Cooper, Carol Shields, Philip Pullman, Jenni Fagan) e turismo, negli ultimi anni si è dedicata in particolar modo alla traduzione e revisione di libri, guide turistiche e siti web incentrati sui temi del viaggio (collaborando con case editrici specializzate come EDT – Lonely Planet e Taschen). Si occupa anche di editing, formazione e letture professionali. Ha gestito, insieme alla collega Chiara Rizzo, il sito-blog doppioverso. È docente e coordinatrice didattica di STL dal 2014.

Chiara Rizzo – Traduttrice editoriale dall’inglese e socio ordinario dell’Associazione Italiana Traduttori e Interpreti (AITI) dal 2005, è specializzata in giornalismo, storia, web e divulgazione. Negli ultimi anni ha tradotto saggistica per diversi editori (tra cui Mondadori, Skira, UTET e Marsilio) e collaborato con varie riviste, tra cui “Wired”, “Reset”, “Arab Media Report”, “VoxEurop”. Ha gestito, insieme alla collega Barbara Ronca, il sito-blog doppioverso. È docente di STL dal 2016.


Chiara e Barbara hanno fatto davvero tanti corsi con noi. Li trovate quasi tutti nella sezione dei corsi on demand (traduzione editoriale) del sito. Se però volete sentirle in versione doppioverso, questo è un ciclo di webinar che abbiamo fatto insieme anche ad altri colleghi e colleghe, divertendoci non poco e affrontando argomenti veramente importanti per qualsiasi traduttore editoriale!  A questo link, le riflessioni che ci ha suscitato, per chi volesse approfondire.


Il blog di STL è uno spazio aperto, dedicato al mondo della traduzione.

Se avete segnalazioni o proposte che pensate possano interessare i colleghi oppure volete collaborare con noi presentandoci un progetto di un articolo potete farlo inviando una e-mail a stl.formazione@gmail.com

Alla mail dovrete allegare una nota biografica e i vostri social, se volete che siano pubblicati sul sito insieme all’articolo.

La redazione esaminerà il materiale e vi risponderà entro un mese dalla ricezione.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Privacy