Non è il solito post da freelance piagnona (o forse sì?) | doppioverso

Pubblicato il 3 Agosto 2020 alle 9:00 0 Commenti

Vita da traduttore freelance - STL Formazione

Continua la pubblicazione degli articoli che erano sul sito (ora non più on line) delle nostre doppioverso, Chiara Rizzo e Barbara Ronca. Se vi sentivate persi senza le interessanti e divertentissime (come in questo caso) righe delle nostre amiche, le potete di nuovo leggere nella loro seconda casa: il sito di STL!


In un mondo in cui la parola magica “flessibilità” ce l’hanno tutti costantemente sulla punta della lingua, il freelance è ancora, per i più, un’entità misteriosa, una specie di creatura mitologica in bilico tra Paradiso e Inferno. Ne sento e leggo, ogni giorno, di tutti i colori e inizialmente la cosa mi irritava parecchio. Da quando ho compiuto 18 anni sono sempre stata abituata a lavorare, nella mia famiglia è una specie di rito di passaggio: appena diventavi maggiorenne, nonno apriva un conto a tuo nome e ci versava le prime 500 mila lire. Da quel momento in poi, potevi e dovevi guadagnare altri soldi – da solo/a – per poterci fare quello che ti pareva. E per tutti noi nipoti era motivo di profondo orgoglio. Quindi l’idea di passare a trent’anni per quella che “boh, non si sa bene che fa” non è che mi entusiasmasse particolarmente.

Oggi, a distanza di sei anni da che ho iniziato a lavorare “in proprio”, è ancora così. Per i miei suoceri piemontesi sono una bizzarra forestiera che passa il tempo a smanettare davanti al computer, e i miei ogni brindisi di Capodanno recitano il mantra “Eh, speriamo che quest’anno esca fuori qualche lavoro serio anche per te”. Non che gliene faccia una colpa, visto che appartengono a una generazione per cui il lavoro è un luogo fisico associato a un’entrata fissa e quantificabile. Paradossalmente, l’idea più precisa di quello che faccio ce l’hanno le mie figlie di quattro e sei anni: hanno avuto l’illuminazione durante una puntata di Violetta, quando la grande ha chiesto “Ma perché se Violetta canta in spagnolo le scritte sotto sono in italiano?” e io ho prontamente risposto “Vedi? È quello che fa mamma, scrive le cose in italiano così anche quelli che non conoscono le altre lingue possono capirle” (ok, ho sorvolato sul fatto che quello che traduco io sono perlopiù le opinioni di vecchi professori universitari circa la questione mediorientale ma vabbè, non stiamo a guarda’ il capello).

In generale, però, al netto delle riflessioni di carattere economico e stabilità lavorativa e della vaghezza di quello che fa, il freelance – specialmente se donna e madre –  è oggetto di invidia fondamentalmente per un motivo: non ha vincoli di nessun genere, è il capo di se stesso e può organizzare il proprio tempo come vuole. E anche in questo io vi dico: DIPENDE. Lasciamo che siano i fatti a parlare.

  • Freelance: il dritto

Ieri era lunedì, e io non avevo consegne di lavori in giornata. Mentre la maggior parte della gente si affannava bestemmiando a raggiungere in macchina o con i mezzi il proprio posto di lavoro, io ho accompagnato in tutta calma le mie figlie a scuola. Posso svegliarmi anche solo tre minuti prima di loro, perché non mi trucco mai e il più delle volte esco in tuta (in alcuni casi addirittura con il sopra del pigiama di Minnie, perché tanto è nascosto dal cappotto), visto che lavoro da casa. Vi dirò, il mio stile “arruffato” mi conferisce anche un discreto fascino, non molto tempo fa la mamma ipertruccata e intacchettata di un compagnetto di Alice incrociandomi ha sospirato ammirata: “Eh, si vede proprio che tu hai un passato da squatter!” (tutto è relativo, le due vanno a scuola dai salesiani, ndr).

Dopo aver lasciato le bimbe a scuola sono andata a fare la spesa. Al supermercato non c’era nessuno, perché era lunedì e la gente perlopiù il lunedì mattina è in ufficio (io no), quindi ho potuto girare tranquillamente tra gli scaffali e fare un bel carico di provviste.

Sono tornata a casa e mi sono preparata una cioccolata calda, che ho sorseggiato inzuppandoci dentro le Gocciole mentre controllavo le notizie sul Pc. Ho lavorato un paio d’ore, poi ho scritto il post che state leggendo adesso. Mi sono fatta la doccia e per pranzo ho mangiato i wurstel con i crauti (che avevo comprato al supermercato la mattina perché avevo proprio voglia di mangiare una porcheria). Ho lavorato ancora e poi alle quattro sono andata a riprendere le bambine. Siamo tornate a casa e abbiamo passato tutto il pomeriggio insieme, fatto i compiti, disegnato, colorato, giocato, guardato i cartoni in TV.

Il PARADISO, non vi pare?

  • Freelance: il rovescio

Ora facciamo un rapido rewind e torniamo per un attimo a cinque giorni fa: giovedì. Nevicava, avevo un mal di testa da scimmie urlatrici nel cervello e le bimbe erano a casa da quattro giorni, una con il febbrone da tonsillite e placche, l’altra con l’orticaria gentilmente offerta dal detersivo iperscontato che mia suocera mi aveva portato la settimana prima consigliandomi di provarlo assolutamente. Nessun lavoro in pending e nessun ufficio da avvisare, questo sì, ma tra noia, mal di gola e prurito immaginate non due bambine, bensì due puma inferociti.

Dopo una mattinata interminabile trascorsa a fasi alterne tra il “Mioddio, sto troppo male, muoio” e il “Giochiamo a Indovina chi?, Facciamo un puzzle? Mi ricalchi qualcosa? Mi aiuti a colorarlo?” eravamo finalmente arrivate al giro di boa del pranzo. A quel punto il mio telefono cinguetta: è arrivata una mail. Mittente: caporedattore N*. “Ciao cara, puoi tradurre questo per favore? Riesci entro oggi?” Ora, se N* dice che una cosa è per oggi vuol dire che lo è, perché per loro mettere fretta inutilmente non rientra nel modus operandi. Apro il file: due pagine. Posso farcela (sospiriamo all’unisono io e la scimmia nel cervello).

“Ragazze, mamma ora deve fare una cosa di lavoro urgente ma voi fate le brave, ok? Mi metto qui, se proprio avete bisogno di qualcosa me lo dite, va bene?”

“Certo, mamma!”

Di seguito, la trascrizione fedele di quanto è accaduto mentre traducevo (estratto di dieci minuti, non voglio tediarvi).

Dunque… Tunisia, un compromesso storico che… 

“Puoi mettere Cattivissimo me, per piacere, così lo guardiamo mentre giochiamo? Stai qui con noi a vederlo anche tu mentre lavori sennò Emma piange?”

… ha salvato la democrazia…

“Mammaaaaa! È vero che noi non abbiamo le guance?”

… Stabilire se la decisione da parte del Nidaa Tounes di tendere una mano a Ennahda…

“Vuoi un caffè al limone?”

… rappresenti un gesto di ottimismo o una manovra opportunistica…

“Ora ti faccio la mia ricetta più figa. Ora la butto quest’acqua, è solo una prova. Poi ci metto il latte che fa crescere, un po’ di fragola e un po’ di droga”.

… l’epoca d’oro dei primi anni di Bourguiba, quando la democrazia tunisina somigliava più a un semipresidenzialismo alla francese…

“So contare fino a 109, vuoi sentire?”

… Ora che dalla transizione democratica si passerà alla quotidianità della politica di coalizione…

“Ti posso cantare la canzone di Frozen col microfono?”

E la chiudo qui, insomma avete capito.

UPDATE: sono le 14.23 sempre di quel lunedì di cui al punto 1) e mi è arrivato un nuovo lavoro da consegnare entro venerdì. L’ho accettato, perché è un bel lavoro e perché a gennaio sono stata un po’ scarica, quindi è bene (e compensa) avere tanto da fare adesso. Siccome mercoledì perderò metà giornata per andare a ritirare la pagella di Alice (la cui consegna a partire dalle 14.30 di un giorno infrasettimanale non mi crea però nessun problema, perché non devo organizzarmi con l’ufficio, io lavoro da casa) probabilmente per essere certa di farcela lavorerò anche stanotte. Voi però il bello del pezzo sul lunedì prendetelo per buono. E invidiatemi, mi raccomando.

Credits: Nella foto dell’articolo, la postazione da lavoro di Chiara di quel giovedì pomeriggio.


Barbara Ronca – Specializzata in narrativa anglofona (ha collaborato con diversi editori indipendenti, tra cui Voland e 66thand2nd) e turismo, negli ultimi anni si è dedicata in particolar modo alla traduzione e revisione di libri, guide turistiche e siti web incentrati sui temi del viaggio (collaborando con case editrici specializzate come EDT – Lonely Planet e Taschen). Si occupa anche di editing, formazione e letture professionali. Dal gennaio del 2015 ha dato vita, insieme alla collega e amica Chiara Rizzo, al freelance duo doppioverso. È docente e coordinatrice didattica di STL dal 2014.

Chiara Rizzo, traduttrice editoriale dall’inglese e socio ordinario dell’Associazione Italiana Traduttori e Interpreti (AITI) dal 2005, è specializzata in giornalismo, web e divulgazione. Traduce saggistica per diversi editori (tra cui Mondadori, Skira, UTET e Marsilio) e ha collaborato con varie riviste, tra cui “Wired”, “Reset”, “Arab Media Report”, “VoxEurop”, traducendo articoli di attualità perlopiù legati alla politica e in particolare al contesto del mondo arabo. Si occupa anche di editing, ufficio stampa e organizzazione di eventi culturali. Dal gennaio del 2015 ha dato vita, insieme alla collega e amica Barbara Ronca, al freelance duo doppioverso. È docente e intervistatrice ufficiale di STL dal 2016.

 

 


Il blog di STL è uno spazio aperto, dedicato al mondo della traduzione.

Se avete segnalazioni o proposte che pensate possano interessare i colleghi oppure volete collaborare con noi presentandoci un progetto di un articolo potete farlo inviando una e-mail a stl.formazione@gmail.com

Alla mail dovrete allegare una nota biografica e i vostri social, se volete che siano pubblicati sul sito insieme all’articolo.

La redazione esaminerà il materiale e vi risponderà entro un mese dalla ricezione.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Privacy