Post-vacation blues
Pubblicato il 30 Agosto 2016 alle 14:47 2 Commenti
di Laura Baldini
Gli americani la chiamano “post-vacation blues” e le statistiche ci avvertono: 7 persone su 10 soffrono di “stress da rientro”. A questa sindrome non risultano immuni neanche i freelance: è vero, non dover rispettare orari d’ufficio, timbri di cartellino e simili è un vantaggio ma, comunque sia, riprendere a lavorare ci mette anche di fronte ad uno sforzo di volontà notevole. Se avete avuto la fortuna di potervi prendere una vera, se pur breve, vacanza durante la quale siete riusciti a “staccare” davvero, potrà essere utile osservare qualche piccola regola per rendere la ripresa più soft.
Saltellando in qua e in là in rete, mi sono imbattuta in una quantità incredibile (pure troppi!) di consigli da seguire: psicologi, giornalisti, colleghi freelance… in tanti hanno scritto su come dovremmo comportarci una volta riposta la valigia. Ecco allora una classifica dei consigli più gettonati: non faranno la nostra felicità, ma magari possono essere d’aiuto.
- Riprendere a lavorare con gradualità: sconsigliatissimo sedersi davanti al tavolo di lavoro di buona mattina e fare un’unica tirata fino a sera, magari mangiando qualcosa di veloce (e insano) davanti al computer. Iniziamo con una sorta di part-time e dedichiamo l’altra parte della giornata a qualcosa che non colleghiamo al “dovere”: la palestra, una passeggiata, la lettura (ma, mi raccomando, solo per diletto!!)…
- Fare spesso delle pause: questa dovrebbe essere una pratica da seguire sempre, anche perché, a noi traduttori in special modo, lo stacco giova per lavorare meglio e far sì che la nostra mente sia più lucida. A volte bastano dieci minuti: ci si allontana dal brano che traduciamo, ci facciamo un caffè, ci sgranchiamo un po’ (anche il cervello) e quando ci rimettiamo al pezzo tutto fila alla merviglia!
- Considerare “sacri” i primi week-end: sabato e domenica non si lavora; cerchiamo di far durare questa buona pratica il più a lungo possibile, ad esempio la cosiddetta gita fuori porta per concedersi un po’ di relax: mare, lago, montagna, a seconda di dove viviamo. E quando questo non è possibile è fondamentale riuscire a disconnettere la testa dal lavoro anche con distrazioni low-cost: vedere una serie completa di GoT, pettinare il gatto, dedicarci al “balcony gardening” o qualsiasi altra pratica rienergizzante, capace di stimolare anche la nostra creatività.
- Rendere piacevole e amichevole il proprio ambiente di lavoro: a volte basta poco, un nuovo mug che ci terrà compagnia nelle fredde giornate d’inverno, un fiore colorato sul tavolo (non di plastica eh!), o una ripitturata alla parete che ci sta di fronte con un colore che ci piace e ci dona serenità (se poi, sulla parete, ci volete attaccare la foto di Johnny Depp o di Emma Stone, a seconda dei gusti, la serenità è ugualmente assicurata). Questo perché è vero che lavoro e piacere sono due ambiti distinti, ma non necessariamente inconciliabili.
- Organizzarsi per obiettivi a breve termine: diciamo la verità, l’energia che consumiamo pensando alle cose da fare è molto maggiore di quella utilizzata per compierle: “Ogni obiettivo non raggiunto consuma energia. È infatti esperienza comune sentirsi euforici non appena si è concluso un lavoro, anche se un momento prima si era esausti. Per questo può essere efficace scomporre ogni compito in una sequenza di piccoli obiettivi molto precisi e facilmente raggiungibili”. [E. Cossettini, psicoterapeuta]
Quindi buon lavoro e… fateci sapere quanto durano i vostri buoni propositi, per quanto mi riguarda ho già un cartellino giallo!
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@terminologia @thewhalewatcher Brava! :-)
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@terminologia Magari se ne rendono conto, ma hanno problemi di spazio e accorciano così. 🤷♀️
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Tutto quello che hai scritto è esttamente quello che avevo deciso di fare dopo essere ritornata da 4 settimane di riabilitazione psico-fisica, che mi ha insegnato a riorganizzare il MIO tempo, oltre ad aiutarmi per i problemini di salute che ho (SM).
Sono tornata dalla riabilitazione il 9 agosto e già mi aspettava un primo blocco di traduzioni da fare, ma la settimana dopo era in programma il matrimonio del nostro miglior amico in Alta Austria (a 400 km da qui, il Vorarlberg). Forte di quello che avevo imparato – anche grazie a un paio di ore di consulenza con una psicologa – ho deciso di mettermi al lavoro il 23 pomeriggio, visto che alla mattina dovevo fare l’ennesima risonanza magnetica. Mi sono scritta su un’agenda (che tengo sempre aperta sul tavolo a portata di vista) la suddivisione delle giornate di lavoro: 12-14 pausa pranzo, rigorosamente da rispettare, 14-17 tradurre senza pensare a nient’altro se non a quello, dalle 17 in poi a disposizione per fare un po’ di attività sportiva, vedere qualche amico, leggere un libro, fare la spesa, cucinare qualcosa per la sera e il giorni dopo, ecc. E – ma guarda un po’ – nel giro di due giorni così organizzati, ho finito TUTTE le traduzioni, senza stress o fatica mentale.
Cara Maria Grazia, ciò che scrivi è la conferma che il lavoro dovrebbe assorbire solo una parte del nostro tempo a disposizione (e delle energie, mentali e fisiche). Per far questo bisognerebbe essere dotati di una grande forza di volontà e dovremmo anche volerci un po’ più bene. Ti ringrazio per questa tua testimonianza e spero che tu riesca a mantenere a lungo questi impegni che hai preso con te stessa. Tantissimi auguri anche per la tua salute!
Laura