San Girolamo, il primo traduttore che si è fatto valere

Pubblicato il 29 Settembre 2018 alle 16:00 1 Commento

Dipinto di Lionello Spada, San Girolamo scrivente, 1613

di Silvia Ghiara

Ogni 30 settembre si celebra la Giornata mondiale della traduzione, un’iniziativa proposta per la prima volta nel 1991 dalla International Federation of Translators.

In questo stesso giorno si festeggia San Girolamo, considerato il santo protettore dei traduttori. È lui l’autore della Vulgata, la prima traduzione ufficiale della Bibbia in latino; ‘ufficiale’ perché ritenuta finalmente più vicina al popolo, una versione senza fronzoli. Dato che all’inizio dell’era cristiana giravano più versioni non ufficiali delle sacre scritture, piene di errori e imprecisioni, Papa Damasio I si rivolse al suo segretario, Girolamo, perché elaborasse una traduzione più accurataFu così che il nostro santo iniziò un lavoro che lo impegnò per ben quindici anni, partendo dai quattro Vangeli, per poi passare all’Antico Testamento. Si trasferì a Betlemme per migliorare il suo ebraico e aramaico, e usò come punto di riferimento i testi originali in diverse lingue, insieme alla versione greca dell’Antico Testamento, detta Settanta, termine che ha origine proprio dai primi 72 traduttori della Bibbia in greco.

Uno dei suo meriti sta, a nostro avviso, nella fermezza con cui ha sempre difeso le scelte operate di fronte ai suoi contemporanei, che lo accusarono della scarsa aderenza della traduzione alla versione originale, poiché aveva tradotto secondo il senso, non parola per parola.

A questo proposito ci è rimasta una lettera indirizzata a Pammachio, genero di Santa Paola, in cui Girolamo sostiene e spiega il suo metodo:

Io, infatti, non solo ammetto, ma proclamo liberamente che nel tradurre i testi greci, a parte le Sacre Scritture, dove anche l’ordine delle parole è un mistero, non rendo la parola con la parola, ma il senso con il senso. Ho come maestro di questo procedimento Cicerone, che tradusse il Protagora di Platone, l’Economico di Senofonte e le due bellissime orazioni pronunciate l’uno contro l’altro da Eschine e Demostene. […] Mi è sufficiente l’autorità del traduttore medesimo, che parla in questo modo nel prologo delle due orazioni: «[…] In esse non ho ritenuto necessario rendere parola per parola, ma ho conservato complessivamente il valore e la forza delle parole». Anche Orazio, uomo dotto e acuto, prescrive lo stesso nell’Arte Poetica al traduttore colto: «Tu, traduttore fedele, non ti curerai di rendere parola per parola». Terenzio ha tradotto Menandro, Plauto e Cecilio gli antichi comici; forse si attaccano alle parole o non conservano piuttosto nella loro traduzione la grazia e l’eleganza? Quella che voi chiamate la fedeltà della traduzione, questi uomini colti la chiamano gusto pedissequo. […] Se qualcuno non pensa che l’eleganza di una lingua è necessariamente mutata dalla traduzione, si provi a tradurre parola per parola Omero in latino, e dirò di più, lo traduca in prosa nella sua stessa lingua; vedrà che l’ordine delle parole risulta ridicolo e il poeta più eloquente riesce appena ad esprimersi”. (Epistulae LVII, 5).

Girolamo quindi, oltre alla Bibbia del popolo, lascia in eredità quello che viene considerato il primo trattato di traduttologia. Soprattutto però ci ricorda che questo lavoro richiede la capacità fondamentale di definire un metodo e di difendere le proprie scelte fino in fondo, assumendosene la responsabilità.

Certo, nemmeno lui era infallibile (e questo rende il nostro asceta dal carattere, pare, assai focoso, anche più simpatico!). Lo sapete, ad esempio, perché molti artisti cristiani (Michelangelo incluso!) rappresentano Mosè dotato di corna? Per un errore di interpretazione abbastanza clamoroso del nostro San Girolamo, che, nella sua Vulgata, quando ha dovuto tradurre il punto in cui Mosè scende dal monte Sinai, si è lasciato confondere dalla radice ebraica “krn” che può essere vocalizzata in due forme: “karan”, che significa raggi di luce, e “keren”, che sta per corna. San Girolamo, come avrete intuito, scelse di tradurre con ‘le corna’, orientando in tal senso le rappresentazioni di molti artisti dell’epoca.

Noi traduttori lo sappiamo bene: ogni testo richiede studio e attenzione. Dobbiamo fare sempre delle scelte e talvolta purtroppo capita anche di prendere qualche granchio, come è successo all’ottimo San Girolamo.

La Giornata mondiale della traduzione non serve solo ad aprire gli occhi a chi ancora non conosce o riconosce la complessità e l’immensa importanza culturale di questo mestiere, ma serve anche a far riflettere noi traduttori, che ci dedichiamo ogni giorno alle ricerche e alla cura delle parole, assumendoci la responsabilità delle nostre scelte; è un’ottima occasione per ricordarci quale grande contributo possiamo dare e quanto sia importante trovare sempre la forza di farsi valere.

* Il dipinto è di Lionello Spada – San Girolamo scrivente, 1613

  1. luciano ha detto:

    sono completamente d’accordo con il metodo usato da s. Gerolamo, atteso che diversamente potremmo lasciare il compito ad un traduttore automatico che, come di recente, produce abbagli clamorosi, non trasmettendoci la bellezza ed il vero senso di cosa volesse dire l’autore.


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