Sogni che arrivano marciando (in punta di piedi) | di Silvia Ghiara
Pubblicato il 2 Agosto 2016 alle 7:09 0 Commenti
Chi è traduttore alzi la mano – Storie di una professione
Sogni che arrivano marciando (in punta di piedi) | di Silvia Ghiara
La mia storia di traduttrice è iniziata con il piglio di Brancaleone da Norcia, al grido “longo è lo cammino, ma grande è la meta”. Sono cresciuta con l’amore per la mia lingua, grazie a una zia insegnante d’italiano (Grammar Nazi) che, fin da quando ero piccola, ha iniziato a regalarmi libri ‘per quando sarei stata in grado di capirli’ (il che può anche essere un pochino frustrante per una bimba di 6 anni che, magari, a Natale si aspetta la bambolina di Sailor Moon e si ritrova invece a scartare un testo di Calvino con dedica, ma oggi le sono profondamente grata). Correggeva i compiti nel suo studio che profumava di carta, matita (rossa) e inchiostro, una stanza la cui unica parete non ricoperta di libri era quella della porta-finestra che dava sul giardino.
Ero alle medie quando la passione per le lingue straniere mi ha catturato la prima volta, quando mi sono iscritta nella sezione bilingue inglese-francese e sono andata al cinema a vedere un film: “La mummia”.
Mi era presa una fissa per il protagonista (quello che salva la donzella dalla mummia) e, come presa da un raptus, ho iniziato a vedermi tutta la filmografia di questa specie di Indiana Jones, in lingua originale, in loop. Sapevo a memoria ogni battuta dei suoi film. Da lì ho iniziato a farlo con tutte le altre pellicole che avevo in casa, e non ho più smesso. In realtà però, per anni ho continuato a coltivare questa passione in disparte, era come lo scrivere o il disegnare: il suono della lingua, la creatività della parola, mi trasportavano via lontano da camera mia e dalla mia città, ma mai avrei creduto che un giorno sarebbero state il cuore della mia professione.
Solo dopo essermi laureata in linguistica, ho deciso di seguire apertamente le mie passioni, come un amante che diventa marito legittimo. Così ho iniziato la mia marcia alla Brancaleone.
Nel frattempo, ho lasciato la Toscana per trasferirmi in una cittadina a venti minuti di treno da Roma, iniziando a parlare dopo qualche mese una strana forma ibrida di tosco-romano. Ho anche trovato per strada un micro-micio che ormai sta diventando un puma e si lamenta delle troppe ore che passo a revisionare, venendomi a chiamare allungandosi su due zampe.
Ho iniziato a informarmi, per sapere da dove partire per affinare i miei studi e sviluppare le abilità necessarie a diventare una brava traduttrice. Credo che il passo decisivo sia stato quello di prendere coraggio e cominciare a chiacchierare con professionisti già affermati, per sapere “cosa studiare, come esercitarsi per diventare grandi”. Un po’ come il ragazzino di Karate Kid che va a chiedere aiuto al maestro Myagi, ho ricevuto risposte preziose, di cui ancora oggi faccio tesoro. Ho ascoltato un coro di storie diverse, tutte che si concludevano con lo stesso consiglio: un mix di studio, tenacia, puntigliosità, ascolto e tanto esercizio.
Così, a suon di branca branca branca leon leon leon, ho conseguito un Master in Traduzione settoriale, contemporaneamente mi sono iscritta a un corso dopo l’altro, scovando laboratori sia online che in presenza. Ho studiato e ristudiato testi e consumato penne, matite e tastiera esercitandomi a scrivere e tradurre; ho letto e riletto le testimonianze dei professionisti che ammiravo; ho incontrato e conosciuto persone che mi hanno insegnato direttamente e indirettamente molte cose e, via via che è passato il tempo, la mia cassetta degli attrezzi ha iniziato ad arricchirsi.
I primissimi lavori sono stati progetti di volontariato, preziosissime esperienze che mi hanno confermato quanto questo fosse il mestiere che volevo fare. Tra questi, la traduzione dei sottotitoli per il Mooc di Coursera “Miracles of human language: an introduction to linguistics”, in cui ho collaborato con altri ragazzi studenti come me, o già professionisti, che avevano l’obiettivo di partecipare a un bel progetto per consegnare un lavoro di qualità.
Da lì, per puro caso, collaborando con altri colleghi, grazie a persone che mi hanno dato fiducia apprezzando il mio lavoro, ho iniziato a specializzarmi nel settore audiovisivo, lo stesso settore grazie a cui anni prima avevo iniziato ad immergermi nelle lingue e ad incuriosirmi per la diversa resa culturale.
Dopo mesi e mesi passati a macinare rulli e cartelle, dopo tante notti insonni, ho capito cosa significa sviscerare il testo, entrandoci fino al collo, ascoltando parola per parola, scoprendo ogni giorno nuovi aspetti della mia lingua madre, dovendo esplorarla in ogni sua piega per scucirle i significati che non voglio perdere. Ho sperimentato sulla mia pelle quanto sia importante curare ogni singola fase del lavoro, senza mai lasciare nulla al caso, anche quando arriva la stanchezza che ti serra le palpebre. Ho provato cosa significa essere stanchi per le precedenti notti insonni e poi sentirsi dire “oh sai, hai fatto proprio un bel lavoro!”
Ora che faccio il mestiere che amo – e sullo schermo del mio computer prendono vita cartoni animati con orsacchiotti parlanti, documentari della National Geographic, storie di serial killer psicopatici, commedie, drammi, serie tv e reality improbabili con banditori d’aste che parlano a velocità supersonica – so che la mia marcia dell’armata Brancaleone è in continuo divenire, come disse Leonardo da Vinci: “sto ancora imparando”. Sono grata per quello che ho scoperto in questi ultimi anni, per quello che ho costruito e sto costruendo.
La lezione più grande che mi porto dentro è che, per diventare ‘grandi’ e raggiungere i propri obiettivi, si deve restare sempre in ascolto e imparare a far gioco di squadra. I libri, i film, le lingue e il disegno mi hanno salvato spesso, ma la passione non è sempre una fiamma che vive di vita propria, la si deve alimentare con forza di volontà e una grande umiltà. Non so cosa mi porterà il domani, ma so per certo che ho con me la mia passione, l’amore e la dedizione per il mestiere che faccio. Il mio più grande desiderio è quello di poter continuare a concludere ogni giornata così: stanca, ma contenta per avercela messa davvero tutta.
Silvia Ghiara Nata tra le colline senesi, cresciuta in una casa piena di cani, libri e film, dopo una laurea in linguistica con una tesi sul “Rapporto tra struttura cerebrale e struttura del linguaggio”, ha conseguito un Master in traduzione settoriale per inglese e francese e ha iniziato a frequentare corsi e workshop. Continua a far parte di progetti dove il gioco di squadra e la condivisione la fanno da padrone, come CommonSpaces, perché sa quanto sia importante confrontarsi e collaborare. Per ora, traduce prevalentemente copioni per il doppiaggio dall’inglese e dal francese. Nel tempo libero scrive, disegna, canta, si difende dagli agguati del suo gatto che le salta sulle spalle come una scimmia e quando guarda un film da sola ogni tanto lo interrompe cambiando la lingua, per sentire ‘com’era in originale il gioco di parole’.
Se volete seguirla, qui c’è il suo sito, con un blog che aggiorna quando ha ore di sonno sufficienti alle spalle, la photo gallery delle vignette che fa ai suoi colleghi traduttori, la sua pagina Facebook e il profilo Twitter.
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