STL intervista Elisa Pesce, traduttrice ed esperta di marketing in ambito enoturistico
Pubblicato il 9 Giugno 2016 alle 8:26 0 Commenti
di Laura Baldini
Elisa Pesce, oltre a essere una nostra affezionata allieva, è una traduttrice eclettica, una assaggiatrice ONAV (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino) e ONAF (Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Formaggio) e un’esperta di marketing in ambito enoturistico. È riuscita perfettamente a coniugare le sue conoscenze linguistiche con le competenze sviluppate in campo vinicolo. Una laurea in Scienze della Mediazione Linguistica (Inglese, Francese e Tedesco), un Master in Traduzione Specialistica e una ricca formazione professionale che l’ha vista partecipe a un alto numero di corsi e workshop. Cura e gestisce i siti web eptrad (eptrad.wordpress.com) sulla traduzione e uncorkventional (uncorkventional.com) sul mondo del vino.
“Dato che la vita è una sola – dice Elisa – preferisco sia il più incasinata possibile: il vino è l’unico modo per mantenere l’equilibrio.”
Hai al tuo attivo molte specializzazioni, corsi di formazione e workshop. Visto che sul tuo sito, presentandoti, affermi che hai fiducia nel “fattore umano”, quali sono stati i percorsi formativi che hai intrapreso che ti hanno dato più soddisfazione proprio da un punto di vista umano?
Il primo è stato senz’altro il corso di formazione professionale per esperto di marketing dell’enoturismo che ho frequentato subito dopo la fine del liceo. Le ore erano tantissime e gli argomenti trattati spaziavano dal marketing alla storia dell’arte, passando per nozioni di tecnica turistica ed enologia. Il bello, oltre a tutte le cose nuove che imparavamo, era la possibilità di avere come docenti dei massimi esperti nei vari ambiti formativi, e tutti si confrontavano con noi in modo assolutamente informale. L’atmosfera era rilassata, la teoria aveva sempre un richiamo alla realtà dei fatti e niente veniva impartito ‘dall’alto’. Avevamo la sensazione di essere tutti sullo stesso piano, alunni e docenti, in un’ottica di scambio continuo molto utile dal punto di vista professionale ma anche personale.
L’esperienza del Master in traduzione presso tuttoEuropa, a Torino, è stata molto simile dal punto di vista del ‘fattore umano’, soprattutto dal momento che la parola d’ordine delle nostre giornate era sempre e quasi esclusivamente ‘pratica’. Le lezioni consistevano nel tradurre, di tutto e di più, e ogni professore, traduttore/traduttrice professionista, era sempre ben disposto a seguirci individualmente, per correzioni, pareri, consigli e quant’altro. D’altronde uno dei maggiori punti di forza di entrambi questi corsi era il fatto di prevedere un numero molto ristretto di alunni, cosa che all’Università ovviamente non è quasi mai possibile. Nel momento in cui ci si specializza in qualcosa, invece, credo sia importante cercare un’occasione di contatto più diretto con i propri mentori.
Infine, non posso non citare i corsi di traduzione editoriale di STL con Chiara Marmugi. Sono stati il mio primo vero approccio al mondo della traduzione e accanto alle informazioni di carattere professionale, puramente pratico, quello che mi serviva era un parere e un esempio umano, che mi permettesse di fare i conti con la mia situazione e di valutare la fattibilità del grande salto verso il mondo della traduzione. Quello che mi aspettava faceva per me? Avrei saputo affrontare la sfida? A quanto pare ascoltare Chiara mi ha convinto che dovevo almeno provarci, anche se per vari motivi mi sono poi ritrovata a tradurre in ambito tecnico, e credo che la cosa più importante sia stato proprio il suo modo di insegnare e di raccontare la figura del traduttore.
Nell’articolo che hai scritto di ritorno dal Salone del Libro di Torino, hai affermato che il lavoro di traduttrice ti ha, in qualche modo, “costretto” a leggere: “ha unito l’utile al dilettevole, richiedendo per motivi professionali che io legga, legga e legga ancora, di tutto e di più.” Ma quali sono le tue letture preferite e quali sono i libri che acquisti impulsivamente, solo per soddisfare il puro piacere di leggere?
Questa è una domanda difficile, perché sono sempre stata poco brava a definire i miei gusti letterari. Di sicuro posso dire che in genere prediligo i libri riflessivi, introspettivi, molto incentrati sui personaggi e il loro profilo psicologico. Trovo che ogni storia sia un tutt’uno con il/i proprio/i protagonista/i. Non cerco a tutti i costi una trama o qualcosa di avvincente. Trovo affascinante la capacità della letteratura di catapultarti nell’universo di altre persone, e mi piace leggere per riflettere. Non mi spaventano i libri ‘tristi’ e mi piacciono molto i racconti. Per quanto riguarda l’acquisto impulsivo, devo ammettere che spesso è il titolo a far scattare la molla. Cosa poco ortodossa visto che con i libri tradotti capita che il titolo originale sia totalmente diverso. Ma nonostante ciò ho preso pochissime fregature con questo (non-)metodo; un po’ sarà stata fortuna, ma è come se ci fosse un qualcosa dietro le parole presenti sulla copertina che mi attira e mi fa prendere un libro, leggerne la quarta di copertina e magari anche la pagina iniziale. Se poi scatta l’amore con un autore, è facile che lo segua e cerchi di leggere tutte le sue opere, ma se sono alla ricerca di qualcosa di nuovo vado a pelle, e di solito il punto di contatto è il titolo.
I tuoi siti web sono molto ben costruiti e, come ha avuto modo di confermare anche la voce autorevole di Gaetano Torrisi (nostro docente al corso di marketing digitale per traduttori), sicuramente efficaci. Per un freelance quanto è importante avere una vetrina come questa? E cosa hai voluto assolutamente che emergesse di te e del tuo lavoro?
Credo che l’universo mondo dei canali di comunicazione odierni, in grado di raggiungere potenzialmente tutto e tutti indipendentemente dalle nozioni tradizionali di spazio e tempo, se da un lato offre possibilità infinite e in passato sconosciute, dall’altro risulta in fin dei conti un po’ dispersivo. È importante essere sui social, è fondamentale cercare strade nuove e tenersi al passo con i tempi, ma un ‘campo base’ ci vuole e questo punto fermo secondo me può ancora essere il sito Internet. Giustamente, i siti di oggi non sono come quelli di ieri, né nella forma né nella sostanza, ma questo vale solo per quei professionisti che vedono il cambiamento come una possibile risorsa positiva, e non per chi teme gli effetti delle nuove tecnologie. Basti pensare a quanti ancora dubitano o non prendono in considerazione la necessità di avere un sito – o di farlo tradurre. Per un freelance, che spesso vende servizi e non prodotti e affronta da solo il mondo del lavoro, riuscire ad avere un sito che lo rappresenti al meglio e trasmetta i suoi valori al cliente potenziale è un fattore decisivo. Per quanto mi riguarda, ho cercato di mettere in risalto la particolarità del mio percorso formativo e professionale, a livello di esperienze e competenze ma soprattutto di tempistiche: la mia strada non è stata lineare, ho fatto scelte un po’ fuori dal comune e anche un po’ azzardate, ma dietro a tutto c’erano dei motivi, delle convinzioni e dei valori che solo così sono riuscita a rispettare. Per me è questo il vero non plus ultra che posso offrire ai miei clienti, più ancora di qualsiasi corso o competenza possa avere acquisito. A parità di titoli, sono le sensazioni che una persona ti trasmette a spingerti a scegliere lui/lei anziché qualcun altro. Le nostre scelte parlano per noi.
Oltre che traduttrice sei anche Assaggiatrice ONAV e ONAF e tecnico di marketing nel settore enoturistico. Quando e come nasce questa passione?
Inizialmente un po’ per caso; il settore turistico è sempre il primo che viene preso in considerazione quando si pensa a come sfruttare le proprie competenze linguistiche. Il corso per tecnico di marketing dell’enoturismo rientrava nei programmi di formazione professionale gratuita offerti a tutti i neodiplomati dalla Provincia (nel mio caso di Asti) in cerca di impiego. Come dire, mi hanno offerto la possibilità di sondare un settore di attività senza spendere niente e in tempi ragionevolmente brevi, io non ho fatto altro che coglierla. Il mio primo approccio serio al vino si è verificato in questa occasione e se in seguito l’interesse è rimasto è grazie a un’insegnante di eccezione, Laura Pesce, una grande donna del mondo del vino italiano. Il grosso l’ho imparato da lei. Poi il fatto di aver trovato lavoro proprio parallelamente al corso in un’azienda vitivinicola è una storia a parte, pura casualità, e le nozioni sul vino acquisite lì erano trasversali, per svolgere il mio lavoro avevo bisogno principalmente dell’inglese. Per qualche anno il vino è rimasto un interesse ‘in sordina’, ma nel momento in cui ho deciso di diventare traduttrice mi sono detta: e ora che me ne faccio di questi sette anni in azienda? Dovranno pure contare qualcosa. Ho ricominciato a pensare al corso ONAV, ma dovevo tenere il passo con gli esami universitari e iniziare a pensare seriamente a come mi sarei mossa di lì a poco una volta lasciato il lavoro, per cui ero un po’ titubante. È stato allora che è arrivata la seconda occasione/coincidenza: negli ultimi mesi presso l’azienda avevo un nuovo collega, siamo diventati amici in fretta e il vino era un grosso punto di incontro. Guarda caso anche lui avrebbe voluto seguire il corso ONAV, in due la strada da fare fino alla sede dei corsi (due volte a settimana, in pieno inverso, la sera, stanchi morti) era già più tollerabile. Per me c’era poco da saltare, l’anno successivo sarei stata in una nuova città, con un master a cui pensare e nessuno che conoscevo. Era allora o mai più, e così ci siamo iscritti al corso. Dopo, il vino è diventato un passatempo sempre più importante e ho proseguito nella formazione con qualcosa di ancora più serio e riconosciuto a livello internazionale: la certificazione di terzo livello della WSET. Con il mio ex-collega ho aperto il blog Uncorkventional e, dato che la passione per il vino va sempre a braccetto con quella per il cibo, con mio marito ci siamo ritagliati uno spazio serale per il corso ONAF. Tutti e tre insieme siamo una discreta squadra di mangioni/beoni.
Tu traduci dall’Inglese, dal Francese e dal Tedesco. Che vino abbineresti a ciascuna di queste lingue?
Come la lingua, anche il vino ha un legame fortissimo con la sua cultura di origine. Per il francese, non credo esistano simboli migliori dello Champagne. Non è un vino che amo particolarmente, ma di sicuro presenta tutte le caratteristiche per cui il francese è famoso nel mondo: sensualità, unicità e brio.
Per l’inglese, guardo alla California, culla dei vini a stelle e strisce, e scelgo un Cabernet della Napa Valley: deciso, versatile e dal grande potenziale.
Per il tedesco, indubbiamente un Riesling. Complesso, indistruttibile (è tra i vini più longevi in assoluto) e per niente semplice da capire, un po’ come il tedesco: per apprezzarlo devi imparare a conoscerlo e cercare di metterti sulla sua stessa lunghezza d’onda.
Grazie Elisa!
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