Tradurre la moda e il lusso | Hermès in the making: storie di lusso
Pubblicato il 16 Settembre 2023 alle 9:31 0 Commenti
Un articolo di Martine Moretti
Hermès in the making: storie di lusso
L’abbiamo ribadito più volte: il settore del lusso tende per natura a creare un distacco con il pubblico e a sottolineare la propria unicità. D’altronde, per una serie di fattori che scopriremo tra poco, di fatto una certa superiorità esiste rispetto a prodotti o servizi di gamma inferiore. A onor del vero, però, abbiamo anche affermato (ad esempio qui) che i tempi e le audience cambiano e che l’avvento del digitale ha imposto il dialogo.
Interagire per continuare a esistere sembra, insomma, l’unica soluzione.
Si direbbe che alcuni l’abbiano capito e così, quando uno storico marchio del lusso decide di scendere dal piedistallo per venire in mezzo alla gente a raccontarsi, le scoperte non mancano.
Proseguite la lettura: vi svelerò cosa ho imparato sul brand (e, di riflesso, sul segmento luxury) a Hermès in the making.
Una Birkin in giro per il mondo
Hermès in the making è un’esposizione itinerante (gratuita!) che dal 2021 ha già fatto scalo in diverse città del mondo. Dopo Copenaghen, Singapore, Detroit e Torino, dall’8 al 16 luglio 2023 le preziose valigie della Maison sono giunte a uno dei principali centri europei di innovazione tecnologica, ‘EuraTechnologies’ di Lilla, città della Francia settentrionale in cui vivo. Inutile dirvi che mi sono precipitata a visitarla!
L’obiettivo dell’esposizione è far conoscere il ‘dietro le quinte’ dell’azienda, i valori che la guidano dal 1837 (come sostenibilità, tutela ambientale, innovazione, costante ricerca dell’eccellenza, tutela e trasmissione della maestria artigianale) e, soprattutto, cosa la rende unica.
E quale miglior modo per raccontarsi se non attraverso i propri artigiani?
Hermès ha aperto le porte della sua nota ‘caverna delle meraviglie‘, per accompagnare i visitatori in un percorso immersivo nella storia e nel patrimonio culturale di una delle più emblematiche e longeve Maison del lusso à la Française.
Un viaggio nell’artigianalità
Il percorso esperienziale era diviso in quattro aree tematiche (n.d.a traduzione libera), corrispondenti, in un certo senso, ai cardini della filosofia del marchio: “Una cultura di maestria artigianale”, “Materiali d’eccellenza”, “Il talento delle nostre regioni” e “Il tempo, nostro alleato”. In ognuna di esse erano riunite due o tre expertise tecniche, ciascuna illustrata da un artigiano esperto, con modelli d’esposizione, uno stand allestito con i materiali che lavora e gli strumenti personali che usa quotidianamente.
E adesso seguitemi, entriamo nel vivo…
Una cultura di maestria artigianale
Il focus qui era sulle competenze sartoriali specifiche per:
- assemblare una sella (ricordiamo che la storia di Hermès e il mondo dell’equitazione sono uniti indissolubilmente);
- separare i colori per tingere la seta.
Una sellaia ha spiegato le fasi dell’assemblaggio di una sella, le pelli scelte (vitello, bovino…), i materiali aggiuntivi (mousse, cinghie…) che la compongono e i punti di cucito indispensabili da padroneggiare per garantire robustezza e comfort sia al cavallo che al cavaliere, tra cui il celebre e complesso punto sella o sellaio.
Per realizzare una sella su misura, ci vogliono una settimana di lavoro e la collaborazione di artigiani e cavalieri. Prima, si prendono le misure del cavaliere a cavallo e del cavallo stesso, poi si scansiona la cavalcatura con una tecnologia ultra moderna e il risultato viene affidato al sellaio che realizza il prodotto manualmente. Per approfondire, cliccate qui.
Nella parte dedicata alla stampa su seta, una designer ha spiegato i retroscena della nascita di un motivo sul celebre carré Hermès. Il progetto originale a grandezza naturale viene “sezionato” e tracciato a mano con un pennino su un film trasparente; viene quindi creato un file per colore. Poi, si realizzano i riquadri di stampa, con una tonalità per riquadro (nelle fantasie complesse si possono raggiungere fino a quarantotto cromie diverse!). La direzione artistica affida la scelta delle nuance a un team che si occupa anche della fase di stampa. E per stampare con colori o motivi diversi i due lati dello stesso carré, l’azienda ha messo a punto un processo innovativo dopo circa dieci anni di ricerca e sviluppo.
* Curiosità: sapete da quante cromie è composto il campionario di Hermès? Oltre 75.000!
Insomma, un lavoro estremamente accurato in cui la tecnologia si mette al servizio della maestria artigianale!
Materiali d’eccellenza
Hermès è anche sinonimo di creazioni di porcellana e gioielleria.
Senza scomodare i cinesi e le loro tecniche ancestrali, il brand ha spiegato che ottenere porcellane di un bianco candido non è proprio un gioco da ragazzi. Per non parlare dei disegni articolati, realizzati a mano con pennelli differenti prima di applicare i pigmenti con tecniche complesse.
Per ottenere colori vividi e brillanti, ci vogliono diverse cotture fino a 800 °C.
E veniamo all’incastonatura di un gioiello: un lavoro minuzioso, che necessita di una lente di ingrandimento binoculare. Ogni castone viene scelto in base al disegno e alla forma della pietra. Con l’aiuto di pinze speciali e di una pazienza certosina, si modellano le singole parti del castone che ospiterà il diamante o la pietra preziosa.
Hermès ci tiene a far conoscere il suo approccio sostenibile; infatti, sin dall’entrata dell’esposizione fa una premessa: “Gli oggetti Hermès sono progettati per essere amati, durare, essere riparati e trasmessi“. Il marchio si pregia, inoltre, di collaborare con artigiani che condividono la sua stessa etica, di impegnarsi nel riutilizzo e nella rigenerazione degli scarti di produzione e di approvvigionarsi presso la filiera europea del riciclaggio dei metalli preziosi.
Le cose in apparenza più semplici sono, in realtà, le più difficili da realizzare. La naturale eleganza non è solo un dono, ma è anche frutto di interminabili ore di lavoro e una costante ricerca dell’eccellenza. Basti pensare che per realizzare un paio di guanti ci vogliono ben ventidue fasi. Il guantaio analizza la pelle, la ammorbidisce, la tratta, la distende… Quando il design del guanto è pronto, la “mano di ferro” (uno strumento del XIX secolo) taglia la forma esatta delle dita che poi una “mano termica” riscaldata levigherà a lavoro terminato.
La realizzazione di una borsa è altrettanto complessa (e ci è già più chiaro perché più una cosa è rara ed esclusiva, più costa).
* Curiosità: per realizzare una borsa Kelly ci vogliono circa quaranta pezzi di pelle e per darle la forma che l’ha resa celebre è necessario saper coniugare sapientemente forza e delicatezza. Anche qui, ritroviamo il celebre punto sellaio cucito a mano, che le permette di conservare la sua bellezza per decenni.
Il tempo, nostro alleato
Enigmatico, sfuggente, imprevedibile, eppure da Hermès il tempo è un amico. Nella sua visione aziendale, gli artigiani non devono bruciare le tappe perché l’obiettivo è padroneggiare le tecniche ancestrali che permetteranno di creare oggetti intramontabili e trasmissibili, proprio come il savoir-faire artigianale tramandato dal 1837.
Dopo ore passate ad assemblare ponti, ingranaggi, lancette e indici inerti su una platina, l’orologiaio realizza un esemplare unico che prende vita grazie a un cuore: il bilanciere e la spirale.
Il tempo passa, le cose autentiche restano. E se si rompono, si riparano. Un approccio oculato che accomuna tutti i brand di vero lusso, differenziandoli dalle politiche della fast (and furious) fashion. Inoltre, per Hermès, l’expertise di un pellettiere-riparatore è preziosa quanto quella di un pellettiere-sellaio o un’altra figura creativa: un oggetto di lusso non va visto, quindi, come un elogio dello spreco per via del prezzo, ma di un investimento..
Considerazioni sul lusso
Hermès è una delle Maison che preferisco. Al di là dei prodotti, mi piace il suo modo di comunicare onirico, elegante, ma a volte anche giocoso e sopra le righe: alla mostra c’erano diverse installazioni, come un tavolo con telefoni giganti che svelavano “gli aneddoti del Servizio clienti Hermès”; un quadro interattivo che mostrava in tempo reale la colorazione di un carré di seta; una sella sospesa per prodi cavalieri erranti e una sorta di carillon realizzato con coltelli a mezzaluna a cui era collegata una partitura musicale.
Ho apprezzato il fatto che l’esposizione fosse aperta a tutti, gratuita e che avesse persino spazi per “vivere” l’azienda. C’erano, per esempio:
- un atelier di serigrafia, per ricreare la locandina dell’evento e
- un atelier in stile “colora il disegno”. Una signorina faceva gli onori di casa, lasciando scegliere un’immagine legata all’immaginario Hermès.
Si direbbe quasi che il concetto di ‘lusso chiuso, segreto e inaccessibile’ si stia, in qualche modo, evolvendo (quantomeno in apparenza). Proprio di recente ho letto qui che dal 16 e 17 settembre (in occasione delle Giornate europee del Patrimonio) in poi, Lancôme aprirà al pubblico le porte della sua immensa tenuta progettata in modo ecoresponsabile, La Maison Rose, nella Camarga.
Un altro passo verso uno storytelling più accogliente e partecipativo? Staremo a vedere.
D’altronde, oggi i brand luxury non possono più far finta di nulla: se Internet stravolge le regole, bisogna essere pronti a mettersi in gioco e a dialogare con l’audience (soprattutto la sempre più esigente e intransigente Gen X). Questo è un tasto ancora dolente per molti marchi storici, che si rivelano all’antica quando si parla di universo digitale. Io stessa mi sono indispettita perché sul sito di Hermès l’interfaccia per prenotare la visita era veramente poco ergonomica e responsive.
Insomma, la promessa di un’esperienza cliente “esclusiva” non può e non deve più essere solo offline.
Tuttavia, trovo che Hermès, con il garbo e la raffinatezza di sempre, sia riuscito nell’intento di raccontarsi con una certa semplicità e di far luce sugli aspetti che caratterizzano un brand di (vero) lusso: la storia, l’héritage, le tecniche artigianali, la ricerca, il Made in France (nel suo caso, il 100% delle borse è prodotto in Francia), la sostenibilità, che non è un trend ma è da sempre nel suo DNA.
Forse è proprio l’approccio informativo impreziosito dallo storytelling che potrebbe fare la differenza nel far capire quanto ma, soprattutto, perché questi attori del lusso siano tanto particolari.
Voi direte: “E i prezzi esorbitanti dove li mettiamo?”. Chi ci ha seguite al Corso dedicato a traduzione e comunicazione di moda e lusso sa che il prezzo, teoricamente, dovrebbe essere una risultante non un punto di partenza. E poi, resta il pensiero attribuito a Charles Rolls e Henry Royce (e reiterato da Gucci): “Il prezzo si dimentica, la qualità resta”.
Potete trovare maggiori informazioni (in francese) sull’esposizione QUI.
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Credits: la foto dell’articolo è di Jinsoo Choi su Unsplash.
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