Traduttori, 5 modi per aiutare la categoria | doppioverso

Pubblicato il 26 Settembre 2020 alle 9:48 0 Commenti

Un altro degli articoli delle nostre doppioverso, Chiara Rizzo e Barbara Ronca, quando scrivevano come pazze sul loro blog (ora non più on line). Ormai lo sapete, a grande richiesta le stiamo ripubblicando qui, in una rubrica dedicata che potete trovare all’interno del nostro blog.


Che i traduttori facciano un lavoro importante è ormai cosa risaputa (o almeno lo è qui a doppioverso, dove la categoria gode di riconoscimento, apprezzamento e incensamenti continui e meritatissimi); e che senza i traduttori editoriali nessuno di noi sarebbe stato in grado di leggere e apprezzare i nostri libri stranieri preferiti, dalla saga dei Malaussène di Pennac ai classiconi come Anna Karenina, è ancora più ovvio.

Un’altra cosa che si sa è che, ahimè, per quanto indispensabile, la nostra categoria è spesso trascurata e bistrattata: il traduttore editoriale conduce un’ormai proverbiale vita agra di bianciardiana memoria, è sfruttato, sottopagato, cornuto e mazziato, è un cottimista dell’editoria e una creatura sempre in bilico tra carestia di stampo “Irlanda primi ‘900” e “bambino biafrano fine anni ‘80”.

Ma, sarà perché non ci piace piangerci addosso, qui a doppioverso non amiamo molto assecondare questa visione catastrofista e sciagurata delle cose: preferiamo, se possibile, fare ciò che possiamo per cambiarle. Quindi questa settimana abbiamo approfittato di alcune domande che ci sono arrivate da aspiranti colleghi per trovare risposta a una questione molto sentita: se è vero – com’è vero – che la vita, e il lavoro, dei traduttori editoriali sono tanto difficili e sventurati, cosa possiamo fare noi per migliorarli? Ovvero, esiste qualcosa che (da aspiranti traduttori editoriali, o da semplici lettori) possiamo fare per rendere la vita dei traduttori più facile e il mercato della traduzione editoriale più felice e proficuo sul lungo periodo? C’è un  modo per aiutare chi ci porta in casa i romanzi di Stephen King e la saga di Harry Potter, per fargli capire che il suo lavoro è per noi prezioso e per fare in modo che sempre più persone lo apprezzino e lo riconoscano?

Forse sì. O meglio, di cose ce ne sono venute in mente almeno cinque, ed eccole qui: se ci impegnassimo tutti a farne almeno una entro questa settimana, un sacco di traduttori riceverebbero una bella iniezione di autostima e un regalo di San Valentino anticipato:

  • Studiate il mercato e parlate solo se sapete di cosa state parlando

La prima raccomandazione è questa: semplicemente, informatevi. Il mondo dell’editoria non è esoterico quanto sembra a qualcuno, ma non è nemmeno elementare quanto sembra a qualcun altro. Ogni volta che un lettore rabbioso e sprovveduto stronca su Amazon una traduzione senza conoscere la lingua dell’originale o senza essersi preso la briga di controllare che la resa “legnosa e illeggibile” non corrispondesse in realtà a un originale già di suo legnoso e illeggibile, ogni volta che un aspirante traduttore si lamenta di non riuscire a entrare nel mercato rifiutandosi però di capire come funzioni davvero la filiera editoriale, ogni volta che un collega alle prime armi firma un contratto capestro aumentando il potere dei committenti truffaldini, una fatina muore. O se non altro, la categoria dei traduttori vive una battuta d’arresto che rende le sue condizioni di vita, e di lavoro, più complicate. Quindi, semplicemente, se volete aiutarci (e a maggior ragione se volete diventare anche voi un traduttore), studiate un pochino: noi, come molte altre realtà, siamo qui per aiutarvi. E per capire meglio come funzionano le cose, un passo alla volta e insieme.

  • Diffondete informazioni e criticate costruttivamente

Una volta che avete capito qualcosina di più, potete appuntarvi sul bavero la medaglia da Giovane Marmotta, e cominciare a diffondere il verbo. Lungi da noi chiedervi di trasformarvi in seguaci di Scientology o di assumere l’atteggiamento saccente dell’ex fumatore che ormai tormenta tutti con promesse di enfisemi fulminanti: ma di sicuro una cosa buona e giusta è questa: se qualcuno che conoscete dice una plateale baggianata, se un aspirante collega non sa dove trovare un’informazione indispensabile o è indeciso se firmare o meno un contratto contenente una clausola vessatoria, fatevi avanti. Con garbo e gentilezza, spiegate ciò che avete imparato, o fornite indicazioni utili su dove andare a cercare notizie più dettagliate: l’aspirante collega ve ne sarà grato, tutti saremo un po’ più consapevoli e il magico potere dei TraduttoriUniti© avrà sconfitto le tenebre dell’ignoranza una volta di più. Win-win-win, insomma.

  • Scrivete agli editori (nel bene e nel male)

Quante volte vi siete commossi leggendo un libro? Quante volte avete preso carta e penna (o tastiera e mouse) e avete scritto all’autore, o all’editore, complimentandovi per la pubblicazione di quel capolavoro? Bene, nella nostra opera di ricostruzione pro-traduttori è giunto il momento di farlo anche per chi quel libro ve l’ha portato in italiano. Se incontrate una traduzione particolarmente ben fatta, inviate una email all’editore e fategli i complimenti per aver scelto un bravo traduttore e avergli consentito di fare un buon lavoro. Se dopo sei volumi di una saga sentite che il traduttore è un po’ un vostro amico, ringraziatelo (sul vostro blog, o via email, o parlandone con gli amici o con vostra zia) per avervi regalato tante ore di pura gioia. Ovviamente anche la critica costruttiva fa bene alla categoria, non solo il complimento fine a se stesso: assicuratevi però che la critica sia davvero doverosa, circostanziata, ben illustrata e non oziosa. Se scriverete a un editore per fargli notare una svista traduttiva o una strategia clamorosamente sbagliata, e se lo farete con tatto, vi sarà di sicuro riconoscente: se in un libro straordinario di 600 splendide pagine troverete un refuso e subito ne approfitterete per minacciare l’editore di bruciare il volume in un falò, all’unico scopo di fare il grammar nazi… ecco, be’, non fatelo. Risultereste simpatici come un’emorroide, e diciamoci la verità, chi aspira a una cosa simile?

  • Finanziate il nostro lavoro (se potete)

Se pensate che la più grossa sventura dei traduttori sia che non sono abbastanza pagati, avete ragione. E se volete aiutarci a cambiare le cose, partecipate alle nostre lotte (sindacali e non) per avere un maggior riconoscimento economico, firmate petizioni se vi capita di vederne una, ospitate o scrivete articoli sull’argomento, fate in modo che quando esce un’intervista sul tema più persone possibile possano vederla, protestate vibratamente, magari addirittura boicottandoli, contro gli editori che sapete che non pagano a sufficienza i traduttori (e i collaboratori in genere). E se vi servite di un traduttore (anche non editoriale), pagatelo sempre il giusto. Riconoscete il valore di ciò che fa, e la sua straordinaria competenza lavorativa, nel modo più ovvio e banale che ci sia: con il corrispettivo in denaro che merita.

  • Fate i nomi!

La legge sul diritto d’autore obbliga chiunque citi una traduzione italiana di un’opera scritta in un’altra lingua a citare il traduttore, esattamente come si cita l’autore e l’editore dell’opera stessa. Ahimé, quasi nessuno lo fa. Nemmeno nei giornali più famosi mancano i box e le recensioni in cui si riporta tutto di un libro (autore, editore, data di pubblicazione, numero di pagine, addirittura se la copertina è in brossura e rigida) tranne che la cosa forse più importante: il nome del traduttore, che quel libro lo ha reso accessibile al lettore italiano. Da oggi in poi, fatevi un punto d’onore di cambiare le cose: citate sempre i traduttori dei libri di cui parlate, degli spezzoni di romanzo che riportate su Facebook, dei volumi che recensite sul vostro blog. E se qualcuno cita un libro, o un brano, tradotto in italiano, chiedete sempre, in un commento gentile e rispettoso: “Chi l’ha tradotto, questo, scusa?”. Farlo non cambierà le cose dall’oggi al domani, forse, ma possiamo garantirvi che il cuore di ogni traduttore che dovesse leggere quella domanda farebbe una capriola di gioia: e chi non vorrebbe far fare al cuore di qualcuno una capriola? Del resto, basta così poco…

Credits: la foto dell’articolo è su Pikist.com 


Barbara Ronca – Specializzata in narrativa anglofona (ha collaborato con diversi editori indipendenti, tra cui Voland e 66thand2nd) e turismo, negli ultimi anni si è dedicata in particolar modo alla traduzione e revisione di libri, guide turistiche e siti web incentrati sui temi del viaggio (collaborando con case editrici specializzate come EDT – Lonely Planet e Taschen). Si occupa anche di editing, formazione e letture professionali. Dal gennaio del 2015 ha dato vita, insieme alla collega e amica Chiara Rizzo, al freelance duo doppioverso. È docente e coordinatrice didattica di STL dal 2014.

Chiara Rizzo, traduttrice editoriale dall’inglese e socio ordinario dell’Associazione Italiana Traduttori e Interpreti (AITI) dal 2005, è specializzata in giornalismo, web e divulgazione. Traduce saggistica per diversi editori (tra cui Mondadori, Skira, UTET e Marsilio) e ha collaborato con varie riviste, tra cui “Wired”, “Reset”, “Arab Media Report”, “VoxEurop”, traducendo articoli di attualità perlopiù legati alla politica e in particolare al contesto del mondo arabo. Si occupa anche di editing, ufficio stampa e organizzazione di eventi culturali. Dal gennaio del 2015 ha dato vita, insieme alla collega e amica Barbara Ronca, al freelance duo doppioverso. È docente e intervistatrice ufficiale di STL dal 2016.

 

 


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