TRADUZIONE EDITORIALE | LA REVISIONE | INTERVISTA A G. SCOCCHERA
Pubblicato il 29 Maggio 2015 alle 10:46 0 Commenti
Giovanna Scocchera si è laureata in Lingue e Letterature Straniere Moderne e ha poi conseguito un Master in Technical and Specialised Translation presso la University of Westminster a Londra. Dopo aver seguito seminari sulla traduzione editoriale e letteraria sia in Italia che all’estero, ha cominciato a collaborare con varie case editrici, e dal 2000 a oggi ha tradotto una cinquantina di titoli per Rizzoli, Fazi, Alet, Mondadori, Neri Pozza, Einaudi, Terre di Mezzo e Giunti Editore. Ha tenuto corsi di traduzione e revisione presso la Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione dell’Università di Bologna, sede di Forlì, e nell’ambito del Master di II livello in Traduzione di Testi Post-coloniali dell’Università di Pisa. È iscritta al secondo anno del Corso di Dottorato in Traduzione, Interpretazione e Interculturalità dell’Università di Bologna dove segue un progetto di ricerca sulla revisione editoriale/letteraria. Collabora con Einaudi e Mondadori in qualità di revisora esterna. È docente di STL dal 2013.
Qui sotto una nostra breve intervista. Buona lettura!
Come si arriva ad essere revisore? Ci sono dei percorsi formativi specifici da seguire oppure il traduttore editoriale può proporsi anche in questa veste?
A tutt’oggi non esistono percorsi specifici, un po’ anche a causa del falso mito per cui se sei un bravo traduttore sarai anche un bravo revisore. Esiste una ricca letteratura accademica a confutare questa tesi e a sostenere invece come le competenze di un revisore siano solo in parte sovrapponibili a quelle del traduttore. Esistono percorsi formativi in traduzione che contemplano la revisione come argomento all’interno dei corsi offerti, ma mai come insegnamento specifico a sé stante. Per contro aumenta il numero di occasioni formative brevi di tipo seminariale o laboratoriale (come ad esempio il modulo 3 del corso di traduzione editoriale di STL) che vanno a colmare non solo il vuoto lasciato, almeno fino ad oggi, dai corsi universitari ma anche da quella che un tempo era la formazione sul campo, quel prezioso e insostituibile apprendistato all’interno di una casa editrice, magari con l’affiancamento di un collaboratore più esperto, che non esiste più.
Quanto è importante il processo di revisione nel corso della “lavorazione” editoriale di un libro?
Ho rivolto questa stessa domanda ai partecipanti a un sondaggio che ho svolto anni fa per il mio progetto di dottorato sulla revisione. Le risposte sono molto diverse nell’indicare il peso percentuale del lavoro di revisione sul prodotto finale, perché legate a elementi troppo variabili. A mio parere la revisione è sempre necessaria, innanzitutto perché in tutte le traduzioni ci può essere una svista, un errore, un refuso, qualcosa di migliorabile. E anche se esistesse la traduzione perfetta, la revisione sarebbe il momento ideale per riconoscere l’eccellenza e comunicarla all’autore della traduzione, magari suggerendo comunque punti di vista alternativi.
Proprio risalendo all’etimologia della parola, con cui si intende una seconda e nuova visione del testo, la revisione offre sempre e comunque una seconda chance alla traduzione e al traduttore ed è in questo senso un’occasione imperdibile di crescita professionale e personale per entrambe le figure coinvolte, ammesso che possano interagire tra loro. Tutto questo si rapporta in pesi e misure diverse a seconda di variabili come: la qualità della traduzione, la professionalità del traduttore, le conoscenze e competenze del revisore, la sua sensibilità e diplomazia, i tempi concessi al lavoro di revisione, il rapporto revisore-committente e traduttore-committente, e tanto altro ancora.
Prima di far revisionare i propri testi agli altri bisogna diventare buoni revisori di se stessi: quali sono (se ci sono) i trucchi da seguire in questo senso?
Premesso che anche il migliore traduttore auto-revisore trae comunque vantaggio dalla revisione esterna, è ovviamente auspicabile che il grosso del lavoro venga fatto prima di sottoporre la traduzione ad altri. Diventare bravi revisori di se stessi è forse l’ultimo gradino sulla scala dell’esperienza perché se da un lato si può imparare a essere analitici, critici e applicare tutte le conoscenze accumulate, dall’altro la frequentazione con il proprio testo è talmente intima e spesso talmente intensa in un arco temporale limitato da rendere quasi nulle tutte le competenze che abbiamo.
Ovviamente esistono variabili che influiscono sulla nostra capacità di rivederci, prima fra tutti il tempo a disposizione e anche il nostro modo di lavorare, per esempio risolvere ogni dubbio o incertezza già in prima stesura o delegare consapevolmente a una fase successiva di lavoro la soluzione di determinati problemi. Ciò che può aiutare, nel caso il tempo sia scarso, è l’adozione di alcune strategie di distanziazione dal testo, piccoli e talvolta banali accorgimenti che permettono di aumentare anche di poco il necessario distacco che deve crearsi tra traduttore e traduzione nel momento dell’auto-revisione.
Se volete potete anche andare sul nostro canale YouTube per sentire un estratto da uno dei suoi corsi per noi su questo argomento.
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