Traduzione medica | Il labirinto della terminologia

Pubblicato il 20 Maggio 2023 alle 14:53 0 Commenti


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Un articolo di Sara Tirabassi


La traduzione medica: un mondo che ci tocca da vicino

Quando si parla di medicina e salute, è quasi impossibile non sentirsi coinvolti in prima persona: parliamo di qualcosa che non solo è nella nostra quotidianità, ma da cui dipende letteralmente la nostra vita. Schopenhauer scriveva “Con la salute ogni cosa diventa fonte di godimento, senza di essa invece, nessun bene esterno, di qualsiasi specie, è godibile”1.

È un mondo che non possiamo ignorare, su cui non possiamo fare a meno di informarci: proprio per questo il settore medico-farmaceutico a prima vista può sembrare un ambito familiare e quindi più abbordabile per il traduttore generalista che deve scegliere una direzione per specializzarsi.

Ma scommetto che vi è capitato anche di leggere un foglio illustrativo o un articolo scientifico e, a un certo punto, accorgervi che il contenuto può diventare più complesso del previsto.


Tradurre i testi medici: dire quasi la stessa cosa… ma in modo diverso

L’ambito medico nasconde in realtà molte insidie e se da un lato ci sono testi più che comprensibili, scritti proprio per noi in qualità di pazienti, dall’altro ce ne sono tanti scritti per un pubblico professionale che parla davvero un’altra lingua. Non c’è da meravigliarsi se basta una lettura superficiale per capire il contenuto di un testo del primo tipo mentre per leggerne uno del secondo tipo dobbiamo metter mano al vocabolario: il primo è scritto per tutti, il secondo no.

Quando siamo alle prese con un testo medico è quindi ancor più importante del solito focalizzarci sul destinatario e sull’obiettivo del testo. A seconda del profilo del lettore, può essere necessario tradurre gli stessi concetti con parole molto diverse per centrare il bersaglio e far arrivare il messaggio.


Il traduttore medico: un farmacista che lavora con le parole

Un testo medico è come un farmaco. C’è il contenuto, che in un certo senso è il “principio attivo” della comunicazione e deve assolutamente arrivare a destinazione. Ma c’è anche il contenitore, la forma: per un farmaco può essere una capsula, una compressa o un liquido dentro a una fiala in vetro, per un testo invece è lo stile, il lessico, il tono di voce che scegliamo. E dobbiamo sceglierlo bene, il nostro contenitore, se vogliamo che il testo venga letto fino alla fine e che il destinatario ne tragga effettivamente qualcosa. Dobbiamo metterci la stessa attenzione di un ricercatore che sceglie la forma farmaceutica migliore per portare il principio attivo dove può agire con la massima efficacia per il paziente.

Il parallelo non finisce qui: il nostro testo di partenza avrà anche un suo grado di ‘diluizione’, che va sempre rispettato. Un principio attivo può essere venduto puro, magari in flaconi più grandi e quantità maggiori, a un’azienda farmaceutica che deve usarlo per la produzione di un farmaco. Ma può anche essere unito a diversi eccipienti e confezionato sotto forma di compresse per essere venduto al paziente che lo deve prendere. Anche un testo può essere concentrato alla massima potenza, per dare tutte le informazioni necessarie nel minor tempo (e spazio) possibile, utilizzando termini tecnici che solo un ricercatore può decifrare. Oppure può essere dosato con attenzione e realizzato in una forma più accessibile, per permettere anche a chi non ha conoscenze pregresse di comprendere i punti chiave.


Terminologia medica: …basta la parola?

C’è un mito da sfatare sulla traduzione medica che riguarda anche, più in generale, la traduzione dei testi tecnici o scientifici: “la terminologia scientifica è esatta, quindi è facile”.

Spesso ci si aspetta che un testo che parla di scienza usi dei termini condivisi dalla comunità scientifica, univoci, internazionali, studiati per facilitare la comunicazione e rafforzare il carattere oggettivo del testo. Ci si aspetta di trovare sempre un solo traducente per ogni termine del testo di partenza. Questa sarebbe senza dubbio una situazione ideale ma, purtroppo per noi, in medicina la presenza di un unico traducente esatto non è così comune come ci si potrebbe aspettare!

Torniamo a pensare al destinatario: al medico posso parlare di eritrociti, ma se voglio farmi capire da una persona qualunque dovrò parlare di globuli rossi. E non finisce qui, posso trovarmi di fronte a una scelta anche quando parlo a un pubblico professionale: eritrociti… o emazie? Ebbene sì, spesso e volentieri esistono più termini che indicano lo stesso referente.

Anche i tecnicismi del linguaggio medico nascondono quindi una grande pluralità, che non si ferma alla duplicità creata dalle due grandi classi di destinatari del testo: professionisti e non professionisti. Non è raro, infatti, che una patologia possa essere indicata con termini diversi, magari composti diversamente, con radici e prefissi greci o latini abbinati in modo differente.


Medicina e traduzione: il lato umano

Da dove viene questa pluralità, così fastidiosa per il traduttore perché lo costringe a compiere continuamente delle scelte?

Anche se molti collocano la medicina nell’ambito cosiddetto STEM (acronimo di Science, Technology, Engineering and Mathematics, ovvero “scienza, tecnologia, ingegneria e matematica”) c’è chi non è pienamente d’accordo con questa classificazione.

Se guardiamo indietro e scopriamo come è nata e si è sviluppata la scienza medica, scopriamo che è una scienza particolare, con una lunga storia popolata da intellettuali che non trascuravano affatto le discipline umanistiche, anzi. Nel Cinquecento, con l’umanesimo, lo studio dei testi medici antichi diventa centrale. Le descrizioni dell’anatomia e della fisiologia nei testi greci, latini e arabi vengono ripercorse attentamente da medici e studiosi, numerosi tomi vengono ritradotti o commentati e diventano nuovi punti di riferimento dell’epoca, portandosi dietro il proprio lessico.

A causa della pluralità linguistica delle fonti, tuttavia, la terminologia che ne nasce non sempre è coerente.

Parallelamente, l’evoluzione delle conoscenze e il confronto continuo con la filosofia portano nel tempo alla creazione di termini necessari a dettagliare le nuove teorie, termini che spesso nascono da radici, prefissi e suffissi delle lingue più antiche e sono destinati a lasciare il segno in modi diversi nel vocabolario medico odierno.


Attraverso il labirinto della terminologia medica

Tradurre un testo medico significa quindi esplorare un labirinto terminologico e, a ogni diramazione del percorso, saper scegliere la strada migliore per portare a destinazione il testo stesso e i suoi contenuti.

Non siamo soli in questo percorso: alcune zone del labirinto le conosciamo con maggiore certezza perché gli enti regolatori e le normative disegnano per noi delle mappe, mentre in altre zone dobbiamo adottare di volta in volta criteri diversi per decidere se svoltare a destra o a sinistra, se scegliere un termine o l’altro, o magari tornare indietro, affidandoci a un prestito.

Dobbiamo sfruttare le nostre competenze e la nostra sensibilità, indossando ora il cappello del paziente, ora quello del professionista. E non dobbiamo dimenticare il nostro ruolo e la nostra responsabilità di messaggeri: al di là del labirinto qualcuno aspetta e conta su di noi.


1 A. Schopenhauer, Aforismi sulla saggezza del vivere, a cura di M. T. Giannelli, Arnoldo Mondadori Editore (1994)


Credits: La foto dell’articolo è su canva.com

 

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