Il suo ultimo libro, i suoi personaggi, l’attualità, la scrittura e la traduzione: “Per tutto l’oro del mondo”| STL intervista Massimo Carlotto

Pubblicato il 17 Dicembre 2015 alle 9:00 0 Commenti

di Laura Baldini

Forse perché è stato il primo autore importante che ho ospitato in libreria, forse perché i suoi libri mi piacciono proprio tanto, mi incuriosiscono, mi spingono ad approfondire gli aspetti di cronaca che affrontano, forse perché è stato proprio lui a consigliarmi Jean Claude Izzo, uno degli autori che più ho amato, e forse per tanti altri motivi, ho deciso di intervistare Massimo Carlotto sulla sua ultima fatica, Per tutto l’oro del mondo (uscito a novembre per le Edizioni E/O). Ritornano l’Alligatore, Beniamino Rossini e Max la Memoria, personaggi amatissimi dai lettori, proprio per quel loro carattere political uncorrect che li fa uscire dalla finzione romanzesca mettendone in rilievo un’umanità che molti non si aspetterebbero di trovare in una mala vita.

Ho sempre pensato che sia molto più interessante e istruttivo leggere un tuo romanzo che certa cronaca propinata dai media che fanno leva su un triste mix di morbosità, voyeurismo, sensazionalismo. Le tue storie sono invece vere e proprie inchieste d’autore: in “Per tutto l’oro del mondo” l’Alligatore e i suoi soci hanno a che fare con una brutta vicenda legata alle rapine in villa, tema scottante di questi ultimi anni, non solo nel Nordest. Quali sono gli strumenti e gli approcci che utilizzi per costruire una storia come questa?

Il noir racconta storie criminali come scuse per approfondire tempi storici e luoghi. Questo non è possibile se le trame non nascono dalla necessità di sabotare la “narrazione ufficiale del Paese” attraverso realtà negate. Ecco, io vado a caccia di quelle realtà per costruire le mie trame. Uso i metodi del giornalismo d’inchiesta, osservo, visito, intervisto e cerco le fonti “giuste”. Tutto questo materiale poi viene mescolato alla finzione romanzesca.

A un certo punto del libro Marco Buratti, riferendosi a un nobile gesto di Rossini, pensa: “Il nostro cuore fuorilegge e le sue regole”: a me pare una delle frasi più belle e importanti del tuo libro, perché purtroppo, nella realtà, il mondo dei cosiddetti “regolari” spesso mi disgusta: luoghi comuni e stereotipi che mal celano personalità razziste e intolleranti. Si può dire che il libro sia anche una denuncia di chi, sempre più spesso, tenta di manipolare paura e ignoranza e persegue, consapevolmente e inconsapevolmente, la produzione del falso e dell’inganno?

Il noir è romanzo morale, politico. Il Nordest è invece preda di una decadenza culturale, determinata dal modello economico che ha escluso la cultura come collante sociale, che sta privando la gente degli strumenti necessari per comprendere la realtà. Per tutto l’oro del mondo racconta cosa si cela dietro le parole d’ordine securitarie che stanno governando il territorio.

A questo proposito: cosa significa per te raccontare la verità attraverso la finzione?

Noi siamo un paese che ha un rapporto perverso con la verità, che viene puntualmente negata agli italiani. Siamo per definizione la nazione del mistero. Ma questo presuppone una dimensione culturale di massa basata sulla consapevolezza che tutto è falso e ingannevole. Il noir, nel senso di “certo” noir, sovverte questa realtà proponendo al lettore territori diversi e “altri” con l’obiettivo di costruire una complicità di percorso.

I tuoi personaggi cambiano con gli anni. Anche l’Alligatore, Beniamino e Max sono cambiati, vivono nel nostro tempo, con tutto ciò che questo comporta e così ci appaiono ancora più veri. Questa attualizzazione indica forse una tua particolare vicinanza ad alcuni tratti dei personaggi? A chi sei più affezionato? Chi più ti assomiglia?

Con Marco Buratti condivido la passione per il blues e per il calvados. Beniamino Rossini è stato un mio caro amico. Max La Memoria è un sunto generazionale. Di fatto nessuno mi somiglia veramente. Credo che i personaggi debbano essere in grado di raccontare il tempo che attraversano, per questo l’Alligatore e i suoi amici si trasformano, maturano in un percorso personale che si snoda lungo i romanzi.

Immagino che come scrittore di successo ti capiti spesso di ricevere manoscritti o richieste di consigli da parte delle “aspiranti nuove leve”. Pensi che oggi in Italia sia più o meno complicato arrivare a pubblicare un romanzo?

È sempre stato maledettamente complicato. Per questo motivo da tempo ho aperto la mia bottega di scrittore ad alcuni autori che condividono la mia concezione di noir. La formazione, in questo settore così specialistico è fondamentale per riuscire a trovare riferimenti editoriali.

I tuoi romanzi sono stati tradotti in molti paesi del mondo. Che tipo di rapporto instauri con i tuoi traduttori?

Di solito sono molto buoni. Con alcuni negli anni siamo diventati amici. Mi piace comunque conoscerli e presentare insieme il romanzo tradotto. Chiedo sempre di affiancare le firme nelle dediche per rispetto e riconoscimento del loro lavoro. Il trucco per riconoscere un buon traduttore è il numero di domande che ti pone durante la traduzione.

Cosa significa per te “tradurre”?

Non tradire l’opera senza rinunciare a una grande libertà di interpretazione.

Massimo, grazie di cuore.

Massimo Carlotto è nato a Padova nel 1956. Scoperto dalla scrittrice Grazia Cherchi, ha esordito nel 1995 con il romanzo Il fuggiasco, pubblicato dalle edizioni E/O e vincitore del Premio del Giovedì 1996. Per la stessa casa editrice ha scritto: Arrivederci amore, ciao (secondo posto al Gran Premio della Letteratura Poliziesca in Francia 2003, finalista all’Edgar Allan Poe Award nella versione inglese pubblicata da Europa Editions nel 2006), La verità dell’Alligatore, Il mistero di Mangiabarche, Le irregolari, Nessuna cortesia all’uscita (Premio Dessì 1999 e menzione speciale della giuria Premio Scerbanenco 1999), Il corriere colombiano, Il maestro di nodi (Premio Scerbanenco 2003), Niente, più niente al mondo (Premio Girulà 2008), L’oscura immensità della morte, Nordest con Marco Videtta (Premio Selezione Bancarella 2006), La terra della mia anima (Premio Grinzane Noir 2007), Cristiani di Allah (2008), Perdas de Fogu con i Mama Sabot (Premio Noir Ecologista Jean-Claude Izzo 2009), L’amore del bandito (2010), Alla fine di un giorno noioso (2011), Il mondo non mi deve nulla (2014), la fiaba La via del pepe, La banda degli amanti e Per tutto l’oro del mondo (2015). Per Einaudi Stile Libero ha pubblicato Mi fido di te, scritto con Francesco Abate, Respiro corto, Cocaina (con G. Carofiglio e G. De Cataldo) e, insieme a Marco Videtta, i quattro romanzi del ciclo Le Vendicatrici (Ksenia, Eva, Sara e Luz). I suoi libri sono tradotti in molte lingue e ha vinto numerosi premi sia in Italia che all’estero. Massimo Carlotto è anche autore teatrale, sceneggiatore e collabora


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Privacy